Populaire – Recensione
La Francia della fine anni ’50 che sembra un pò l’America di Happy Days, vestiti a ruota, fazzoletti e frangette alla Audrey Hepburn, Populaire di Regis Roinsard, è una commedia sentimentale in pieno stile, presentata fuori concorso al Festival del Cinema di Roma presenziato da Marco Muller.
Una giovane ed emancipata donna, Rose, lascia il suo piccolo paese della Normandia e un matrimonio sicuro per cercare la sua rivalsa di ragazza moderna, auspicando ad un lavoro da segretaria, ovvero il massimo dell’arrivismo femminile in quegli anni. Rose però è una vera frana, ottiene un colloquio con un’agenzia di assicurazioni e inspiegabilmente il titolare Louis Echard vede qualcosa in lei, infatti la ragazza riesce a battere a macchina ad una velocità spaventosa. A quel punto in Louis riemerge tutto il suo spirito agonistico da ex atleta e propone a Rose di essere assunta soltanto a patto che si allenerà per vincere le gare di dattilografia che la porteranno al titolo mondiale.
Si gioca sul rapporto a due in questa commedia bon ton, lo spirito ribelle di lei e l’aspetto all’apparenza duro dui lui, si enfatizzano con il crescere della pellicola fino quasi ad invertire i ruoli all’apice dell’happy ending finale. Populaire riesce nell’intento di prendere una commedia romantica americana ed arricchirla di quel french touch che rende tutto sofisticamente adorabile. Simpatica l’idea di muovere la trama sulla parabola sportiva della dattilografia, tuttavia la seconda parte della pellicola risulta essere troppo lunga, se non fosse per lo sbattere di ciglia della bella Bérénice Bejo di The Artist e l’impeccabile livello recitativo degli attori, la pesantezza che perde il ritmo si avvertirebbe di più.
In sintesi: “l’America per il business, la Francia per l’amore”.
Sonia Serafini