Flight – Recensione
Denzel Washington è Whip Whitaker, un pilota di linea che compie un atterraggio eroico che nessun altro avrebbe potuto fare, ovvero una manovra assai ardua e avventata che riesce in qualche modo a salvare la vita a quasi tutti i passeggeri. Il problema è che Whip non è altrettanto ligio al dovere come il suo lavoro imporrebbe. Il pilota infatti, è un alcolizzato e drogato, che la sera prima del fatidico incidente ha una condotta non proprio ordinaria con una delle assistenti di volo, a base di sesso, stupefacenti e alcool. L’inchiesta che parte subito dopo la catastrofe, sventata, lo porta a dover riflettere su tutta la sua vita, da una parte ad aspettarlo ci sono anni in galera e redenzione, dall’altra una menzogna può permettergli di tenere il lavoro e dimenticare l’accaduto. In bilico fra l’essere una persona nuova o reiterare negli stessi errori lo porta ad autocoscienza lesionista e assai dolorosa. Cosa sceglierà il pilota Whitaker?
L’acclamato regista Robert Zemeckis torna alla regia con un action movie incentrato sul tema della redenzione, e per farlo sceglie un attore che mancava dall’olimpo di Hollywood da troppo tempo, Denzel Washinghton. Il film parte carico di pathos, la scena dell’incidente e tutta la manovra che ne consegue sono un vero e proprio incanto registico, la sceneggiatura curata da John Gatins, è una storia che pone interrogativi ben precisi, reali quesiti sulle dipendenze e gli effetti che queste hanno sulla vita di tutti i giorni. Intendiamoci Flight non è un kolossal, e forse non aveva la presunzione di esserlo, e per questo lo si apprezza ancora di più, ma alcune scene rimangono impresse nella testa e non vogliono proprio uscire, una di queste è un dialogo a tre fra Whitaker, Kelly Reilly e un malato terminale, in cui i problemi e le malattie dei tre si mischiano in un dolore comune, un’aspettativa diversa di vita aleggia nella stanza e lascia sospesa sulle spalle di ognuno la redenzione, il cambiamento e la fine. Uno Zemeckis diverso, che dirige un cast eccezionale con Don Cheadle avvocato perbenista, e il meraviglioso John Goodman, calibrato in piccole scene indelebili, e che si porta a casa ben due nomination per gli imminenti Oscar, una come miglior sceneggiatura e l’altra come miglior attore protagonista, considerando i rivali, in bocca al lupo!!!
Sonia Serafini