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Zero Dark Thirty – Recensione

Zero Dark Thirty: un’ora cruciale nel cuore della notte. Mezzanotte e mezzo in gergo spionistico, ovvero l’ora dell’inizio della caccia finale all’uomo più ricercato del globo, Osama Bin Laden: il momento in cui i Navy Seals nel maggio 2011 misero piede in territorio pakistano per stanare dal suo rifugio lo “sceicco del terrore”. 
Un orario preciso e la fine di un incubo durato dieci anni. Anche questo film di Kathryn Bigelow, come altri della regista, è un’opera coraggiosa e importante, crudele e spietata, vista con gli occhi di una donna molto particolare, Maya, una giovane agente della CIA specializzata nella cattura dei terroristi.
La narrazione è compresa nell’arco temporale tra l’11 settembre 2001 e il 2 maggio 2011. Si inizia con l’attentato alle Torri Gemelle e si finisce con l’uccisione di Osama Bin Laden nel suo rifugio situato nella zona residenziale di Abbottabad grazie a un’operazione condotta dai corpi speciali Navy Seals. In mezzo, la lotta di Maya (Jessica Chastain) agente della CIA che è chiamata ad affiancare un collega, Dan (Jason Clarke), negli interrogatori ad alcuni terroristi prigionieri condotti con l’uso della tortura. E’ l’inizio di una lunga operazione di Intelligence per arrivare a scovare quello che Maya ha identificato come l’uomo di fiducia di Osama Bin Laden mentre gli attentati di Al Quaeda si susseguono negli anni e la tensione aumenta. Fino all’individuazione del presunto nascondiglio del ricercato numero uno al mondo.
A metà strada fra reporting investigativo, film d’azione e dramma, Zero Dark Thirty è un film che non può lasciare indifferenti. Né opera di finzione, né propriamente documentario, ma un vero ibrido più unico che raro. Un film-reportage come è stato definito.
Cinema maschile nel guscio ma femminile nella sostanza, questo è il film della ‘tosta’ Bigelow.
Il vero nucleo drammatico è infatti lei, Maya (personaggio, a dire il vero, solo vagamente ispirato alla realtà), la sua determinazione che non si lascia fermare dalle tattiche di potere, né dallo scetticismo, dai timori o dai dubbi dei suoi superiori (tutti rigorosamente uomini).
Un incipit su schermo nero con le registrazioni autentiche delle voci di richiesta di aiuto al 911 di tante persone colte pochi attimi prima di morire l’11 settembre e un finale con la missione in notturna nella tana di Bin Laden. In mezzo, dieci anni di ricerche, interrogatori, analisi, studi. Possono sembrare scioccanti le scene di tortura, concentrare nella prima parte del film, le cosiddette “tecniche d’interrogatorio rinforzato” (facenti parte del programma di detenzioni segrete della CIA noto come “Enhanced Interrogation”) a cui è sottoposto un detenuto appartenente al Al Quaeda, ma appartengono alla realtà degli eventi ed eliminarle sarebbe stato omettere particolari importanti della storia. Anche se, come si sa, ciò che portò davvero a identificare il rifugio di Bin Laden furono lo spionaggio internazionale, mezzi di sorveglianza elettronici  e corruzione.
A quattro anni del pluripremiato The Hurt Locker, la Bigelow torna sul fronte di una guerra raccontando la battaglia più dura ed estenuante condotta da una sola donna, in apparenza minuta e delicata ma dal carattere e dalla volontà di ferro. La regia è calibrata come un’arma di precisione, la sceneggiatura ha dietro anni e anni di studio e ricerche documentarie da parte di Mark Boal esperto giornalista e sceneggiatore nonché collaboratore di fiducia della Bigelow (con lei anche per The Hurt Locker), la recitazione della bella Chastain è da Oscar. Impreziosisce il tutto una perfetta ricostruzione dei luoghi (primo fra tutti il complesso blindato dove si rifugiava di Bin Laden davvero impressionante nella sua somiglianza all’originale) e un uso dei mezzi tecnici davvero da manuale (soprattutto nel raid finale a bordo dei famigerati “Stealth Back Hawks”, elicotteri capaci di evitare il rilevamento della sicurezza militare pakistana qui perfettamente riprodotti, che ebbe luogo in un notte senza luna “illuminata” con un impianto speciale di luci a raggi infrarossi). Cuore pulsante e tecnica d’acciaio. E brava Bigelow.

Elena Bartoni
 

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