Buongiorno papà – Recensione
Alla sua seconda prova da regista cinematografico (l’esordio è stato Diciotto anni dopo nel 2010), Edoardo Leo con Buongiorno papà ci racconta la storia di Andrea, un trentottenne e caparbio product placement, sigle incallito e ancorato all’animo di un ventenne, che vede la sua vita cambiare repentinamente quando si presenta alla sua porta un’adolescente dai capelli rosa di nome Layla, la quale sostiene di essere sua figlia. Ad accompagnare la giovane ragazza, un nonno bizzarro ed ex rockettaro, con il quale ha deciso di stabilirsi nella casa dove Andrea vive con l’amico d’infanzia Paolo (disoccupato in cerca di un reale posto nel mondo). L’iniziale smarrimento nei confronti di una presenza tanto invadente, condurrà il neo padre verso il conseguimento di una consapevolezza inaspettata. Le difficoltà di assumersi le proprie responsabilità, di fronte a quello che, almeno sulla carta, può definirsi banalmente un errore di gioventù, sono lo spunto iniziale per costruire una commedia nella quale la coralità e, al tempo stesso, la diversità dei caratteri, soddisfano il maggior numero di palati. Costruito da un soggetto scritto da Massimiliano Bruno, il quale insieme al regista ed a Herbert Simone Paragnani ha collaborato alla stesura della sceneggiatura, il film, evidentemente, non parte da uno spunto dei più originali, ma permette a Leo di sondare i meccanismi della “crisi”, che sia essa sociale (la famiglia “perfetta” è un concetto quanto mai stantio), lavorativa (la disoccupazione imperante e la voglia di emergere). Far ridere è infinitamente più complicato che far piangere, e questo il regista lo sa bene, tanto che in alcune sequenze spinge, forse, un po’ troppo sul pedale della commozione. Raoul Bova sveste i panni del bravo ragazzo per indossare quelli di un Peter Pan moderno (serate in discoteca, auto lussuosa e una donna diversa al giorno sono paradigmi essenziali), incapace di vedere la sua vita in un’ottica più matura e responsabile. A tenergli testa in questo percorso di crescita la giovanissima Rosabell Laurenti Sellers che, dall’America dove è nata, è giunta in Italia nel 2006 iniziando a lavorare prima per la tv per poi approdare al cinema con Ex di Fausto Brizzi. La componente femminile è, altresì, rappresentata da Nicole Grimaudo la quale interpreta una giovane insegnante di ginnastica, autonoma ed autoritaria al tempo stesso, che darà del filo da torcere all’impenitente scapolo Andrea. Chi non ha bisogno di elogi è sicuramente Marco Giallini, straordinario ed esilarante nel ruolo del nonno “reduce” del rock anni Sessanta e Settanta, disposto persino a travestirsi da membro dei Kiss in una delle scene più esilaranti. Il film affronta con delicatezza e senso dell’umorismo i temi trattati, ma il linguaggio cinematografico, sia per quanto concerne i dialoghi che la costruzione delle scene, delle volte risulta essere un po’ sbrigativo e poco innovativo, lasciando che siano solamente le performance degli attori a far ottenere il risultato voluto.
Serena Guidoni