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L’amore inatteso – Recensione

Un amore “inatteso” può aiutarci a vivere meglio affrontando le nostre fragilità. Ecco un film che tratta un tema inconsueto con delicatezza, ironia e leggerezza. Già perche L’amore inatteso è soprattutto una piacevole commedia su un uomo folgorato da… Gesù.
Il suo nome è Antoine ed è un brillante avvocato quarantenne sposato con Claire e padre di due figli che conduce una vita agiata. Dopo il colloquio con un professore del figlio Arthur, Antoine riceve a casa inaspettatamente il volantino di un corso di catechesi. Vinte le resistenze personali, lo scetticismo di Claire e l’ironia degli amici, l’uomo inizia a frequentare il corso spinto soprattutto da curiosità. Poco alla volta quegli incontri, dopo la derisione iniziale, diventano essenziali per raggiungere un nuovo equilibrio e una nuova serenità. Il percorso intrapreso, aiuta Antoine a modificare le relazioni coi suoi familiari e amici in un ambiente in cui la religione non è tema di discussione. L’uomo si ritrova così a partecipare agli incontri di catechesi di nascosto dalla moglie che comincia a nutrire dei sospetti sul suo comportamento. Nonostante le difficoltà, Antoine continua il suo percorso e trova un amore inatteso in Dio.
Un uomo che attraverso la fede ritrova tanto, forse tutto: un abbraccio con il figlio con cui non comunicava più, un rapporto rinvigorito con la moglie, un nuovo dialogo con il padre e forse anche con il fratello “pecora nera” della famiglia. Il film della francese Anne Giafferi ha un grande pregio che lo rende una piccola perla: una profondità lieve, un’apparente contraddizione in termini che ne fa un’opera rara oltre che di grande attualità in giorni di fresca elezione di un nuovo Pontefice.
La regista Anne Giafferi ha tratto la vicenda dal libro scritto da suo marito Thierry Bizot “Catholique Anonyme” prendendo spunto dalla sua storia personale. Al marito infatti capitò di essere folgorato da un improvviso “rapporto amoroso” proprio con Gesù e la regista visse questa cosa con una velata preoccupazione arrivando anche a pensare: “E se mi scaricasse per diventare prete?”.
La stessa regista ha così commentato questo suo esordio dietro la macchina da presa: “E’ un film che gioca con i cliché e i pregiudizi di cui la Chiesa cattolica è spesso oggetto. Si ironizza garbatamente sui credenti, ma anche su coloro che hanno dei preconcetti nei confronti della religione. Certo il film parla di spiritualità, di interrogativi, di ricerca del senso della vita, ma questi argomenti sono trattati con leggerezza, ironia e senza alcun intento di proselitismo”. Davvero, viene da ribattere. In una delle scene più riuscite, la sorella Hortense (una figura decisamente “alleniana” che colleziona disturbi, nevrosi, amori falliti, oltre a anni e anni di psicoanalisi) dice al protagonista: “Ma perché non hai scelto di seguire il Dalai Lama o la Kaballah? Diventare cattolico non è sexy”. Una battuta, questa, che sembra distillare l’essenza della sottile ironia del film: lo stupore, per non dire incredulità, di una donna medio-borghese alla scoperta della conversione religiosa del fratello, avvocato di successo con bella moglie e frequentazioni mondane. Proprio quelle amicizie un po’ radical-chic che hanno il vezzo di considerare la religione cattolica poco trendy, per non dire del tutto antiquata. Roba da tristi parrocchiani e donnine timorate di Dio, insomma. Ma qui si va oltre, il film è ben più profondo: si toccano temi come la spiritualità, la necessità di andare a fondo e di capire e accettare le debolezze e le fragilità che tutti (nessuno escluso) abbiamo. E infine si parla di quella ricerca del senso della vita con cui ognuno di noi prima o poi impatta.
L’amore inatteso è davvero un’opera diversa, fresca nel senso migliore del termine, che tratta un argomento vecchio ma in una luce nuova. E soprattutto lo fa in un tempi in cui il “coming-out spirituale” sembra essere ancora un tabù.
Il vero asse portante del film è però qualcosa di più universale che varca i confini della religione cattolica e che altro non è che il bisogno di amore. Tutti i personaggi sono alla ricerca di amore. Il protagonista Antoine ha bisogno di essere amato da suo padre come da suo figlio, sua sorella Hortense cerca l’amore di un uomo, suo fratello il riconoscimento degli altri, sua moglie ha paura che Antoine non l’ami più.
Come loro, anche noi tutti abbiamo bisogno di amore e, come loro, a tutti noi capita ad un certo momento della vita di aver paura di non essere abbastanza amati.  La fede in (un) Dio può essere la risposta a questo bisogno, ci dice la regista.
Non a caso la prima domanda posta dal prete al primo incontro di catechesi è: “Chi tra voi vuole essere amato?”. Nella scena del film tutti alzano la mano.
Nella vita sarebbe successo altrettanto. Chi di noi non alzerebbe la mano a una simile domanda?
Semplice e vero. Chapeau!

Elena Bartoni
 

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