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Bianca come il latte, rossa come il sangue – Recensione

Giacomo Campiotti, attivo prevalentemente nella televisione con, fra le altre, la miniserie Maria di Nazareth, torna al cinema, dopo Mai + come prima film che risale al 2005, con Bianca come il latte, rossa come il sangue, storia mutuata dall’omonimo romanzo best seller di Alessandro D’Avenia, insegnante di lettere trasformato in scrittore, balzato a sceneggiatore. Il libro è diventato un culto assoluto fra le nuove generazioni, tanto da essere considerato il nuovo manifesto programmatico, e dichiarazione di intenti, più di quanto non seppe fare Moccia. La particolarità, e se vogliamo le differenze fra i due autori, è che in questa storia c’è molta più sofferenza e sensibilità, sentimenti legati non solo a turbamenti adolescenziali ma a problematiche che appartengono ad un universo più adulto.
Leo è un ragazzo di sedici anni e per lui la vita ha solo due colori: il Bianco e il Rosso. Il Bianco è il vuoto assoluto, il silenzio, la noia, ovvero tutto ciò che non è legato alla spensieratezza della sua età. Il Rosso è il colore del sangue che rende vitali, è il colore dei capelli di Beatrice, la ragazza dei suoi sogni. Ma questa splendida ragazza, così inarrivabile come la donna amata da Dante, nasconde in sé un doloroso segreto. Leo, amandola dal profondo, è disposto a starle vicino e a fare i conti con una sofferenza che a sedici anni non si pensa possa esistere. Ad aiutarlo in questo difficile percorso di crescita e consapevolezza, il rappresentante dell’autorità imposta: il professore, che si rivelerà un amico sincero.
Un trattato generazionale, soprattutto nella prima parte del film, dove il cliché del ragazzo adolescente è analizzato in tutti i suoi aspetti, ma il film inaspettatamente prende una piega drammatica, fino a toccare argomenti importanti come la donazione e il dialogo con Dio. Il film parte da una base molto solida rappresentata dal romanzo, ma non riesce a svincolarsene completamente e lentamente si appiattisce come la pagina di un libro. Le suggestioni che esercita un romanzo su chi lo legge, è vero, non possono essere trasferite in toto sullo schermo ma perlomeno il regista deve contribuire a crearne di nuove con il linguaggio cinematografico. Il film, infatti, viaggia su un binario fin troppo rettilineo, dove gli scossoni emotivi sono dati essenzialmente dalla trama. Nel cast attori generazionali come Filippo Scicchitano (Scialla!), Aurora Ruffino e Gaia Weiss, nonché un professore come Luca Argentero, vero baluardo del “sogno” di ogni insegnante, ovvero quello di aprire la mente degli studenti al ragionamento. Campiotti, che si è spesso autodefinito un eterno Peter Pan, manca di mordente in una regia essenzialmente votata ad un uso, forse, troppo televisivo del mezzo.
 
Serena Guidoni

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