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Iron Man 3 – Recensione

Iron Man è tornato, o meglio è tornato Tony Stark (Robert Downey Jr.) in tutto il suo splendore.

Dopo il successo dei primi due film, e l’apparizione a pieno titolo nel cast degli “Avengers”, “Iron Man 3” rappresenta il capitolo conclusivo di una trilogia che ha riportato il mercato cinematografico targato Marvel in vetta alle classifiche.

Non più nella Stark Tower di New York (parzialmente distrutta dall’attacco alieno che ha visto impegnati i Vendicatori) ma nella celebre villa sull’Oceano di Malibù, Tony è impegnato in ricerche notturne e compulsive creazioni di armature, arrivando a quota 42. Non riesce più a dormire, né avere una vita regolare con la sua storica fidanzata la grintosa “Iron Lady” Virginia “Pepper” Potts (Gwyneth Paltrow) . Tutto è riconducibile allo stress post-traumatico subito in seguito alla sventata minaccia della catastrofe nucleare che incombeva  su Manhattan e a cui Iron Man ha messo fine arrivando quasi a sacrificare se stesso.

Ebbene si, anche i supereroi soffrono di attacchi di panico! E Mr. Stark ne vivrà parecchi durante le due ore e dieci minuti del film. Da Iron Man a solo “Man”. L’umanità di Tony Starks è centrale nel terzo capitolo cinematografico, mostrata come un simbolo di fragilità e di forza. Un po’ a ribadire il concetto che è dalle nostre debolezze e paure che traiamo la nostra potenza. Non è infatti l’armatura a rendere Tony Iron Man, ma lui stesso.

Un’analisi sociale che rispecchia gli Stati Uniti contemporanei. Se i casi di attacchi di panico sono più frequenti che in qualsiasi altra era anche la paura e la minaccia del terrorismo sono pane “mediatico” quotidiano, e proprio su questo frangente che “Iron Man 3” diventa pungente.

Il concetto viene ben espresso da Guy Pearce “Siamo noi a creare i nostri demoni”, per esorcizzare la paura del terrorismo abbiamo bisogno di un capro espiatorio, e nel film il Mandarino (interpretato da Ben Kingsley) né è la prova tangibile.

Un concertato di action e visual effect che superano di volta in volta le nostre aspettative sono i punti di forza del film. Ma lo humor, quello rimane sempre un tassello indispensabile e fondamentale, che caratterizza tutti i prodotti Marvel ma in particolare l’animo pungente, sbruffone e tagliente di Tony Starks.

Come tutti i film del franchisee c’è l’obbligo rimanere fino all’ultimo titolo di coda. In questo caso sarà chiaro il collegamento con “Avengers 2” (in uscita nel 2015) perché il finale, volto a concludere la (prima?) trilogia di “Iron Man” di per se lascia un po’ con l’amaro in bocca, ma con un grande messaggio. Dietro l’armatura c’è sempre un cavaliere.

 

Eva Carducci

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