Viaggio Sola – Recensione
Irene (Margherita Buy), over 40, è una donna single senza figli e famiglia a carico che fa il lavoro dei sogni: la mistery guest, cioè colei che resta ospite di un hotel di lusso per valutarne i comfort, gli standard e i difetti. La donna non sente bisogno di stabilità, adora la sua vita e quella che lei reputa una libertà, ma è una libertà reale la sua?
Il cinema americano ci ha abituato ad un’ orda di commedie, dove il personaggio protagonista che si ritrova single è alla continua e imperterrita ricerca del principe azzurro ed è anche quello che, leggendo la trama, potresti aspettarti dalla nuova pellicola di Maria Sole Tognazzi. Invece no, la regista e gli sceneggiatori (la stessa Tognazzi, Ivan Cotroneo e Francesca Marciano) scardinano le aspettative di uno spettatore troppo abituato al genere (comedy-drama), sorprendendolo con un personaggio a cui trovare la propria metà non è sicuramente in cima alla lista delle cose da fare e che è, soprattutto, vero.
Sì perché Irene è una donna che ognuno di noi può ritrovare nella vita reale; in una propria collega, in una parente, in un’amica, è un personaggio che non sta solamente sulla celluloide, ma che vive e respira come se fosse accanto a noi, creando un effetto empatico di sicura riuscita.
Siamo sempre abituati a dei turning point, ad un colpo di scena, a dei momenti in cui il protagonista di turno ha il suo momento epifanico e la sua vita cambia radicalmente, trasformandosi nel sogno tanto agoniato. In “Viaggio sola” questo, sorprendentemente, non accade perché quelle cose succedono solo sui film è l’intento di Maria Sole Tognazzi e di portarci una sorta di “neo Neorealismo” in cui vediamo la vita così com’è, senza dimenticare di porci delle interessanti domande.
Quella che vive Irene è una vera libertà? Esiste un destino o la vita è fatta di momenti casuali che inducono a prendere una certa direzione piuttosto che un’altra? Ed è nel momento in cui Irene si trova a farsi queste domande esistenziali che riscopre se stessa e quella paura della solitudine così comune a qualsiasi spettatore, che almeno una volta nella sua vita si sarà ritrovato nelle condizioni di porsi questi interrogativi.
Andrea (Stefano Accorsi), migliore amico di Irene, scopre di dover diventare padre da una donna che praticamente non conosce e anche qui la sapienza degli sceneggiatori è stata quella di non cadere nell’ovvio, mostrando il classico uomo che fugge davanti alla responsabilità, ma trasformando anche la sua vicenda in una storia universale, fatta di emozioni e conseguenti contraddizioni, dove, anche in questo caso, lo spettatore può rivedere se stesso o un suo conoscente.
Maria Sole Tognazzi ha il pregio di dirigere il film con delicatezza e sensibilità, parlando della solitudine che convive con l’amore fraterno il quale aleggia per l’intera pellicola e di cui il rapporto tra Irene e la sorella Silvia ne è l’esempio più lampante. E’ poi un film, questo “Viaggio sola”, che non risparmia le riflessioni, in special modo sulla libertà, e che dona alle donne senza l’altra metà del cielo e senza un figlio il rispetto e l’integrità che in pochissimi film viene mostrato.
“Viaggio sola” non è solo una pellicola, è un viaggio in celluloide di vita vera, così come la mostravano i grandi maestri.
Sara Prian