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Benvenuti a Saint Tropez – Recensione

“Parenti serpenti” così è il detto e quando sono due fratelli come Zef e Roni a mettersi i bastoni fra le ruote a vicenda, la situazione diventa ancor più divertente, ma  a lungo andare, ingarbugliata.

“Un fratello è come uno specchio, riflette i nostri difetti” a parlare è Zef (Eric Elmosnino), fratello di Roni (Kad Mérad) due che sono l’uno l’opposto dell’altro: il primo è un  rabbino, dedito alla religione che professa, tutto d’un pezzo, onesto e rimasto vedovo, Roni invece è un riccone, solare, laico e con una moglie italiana ed esuberante, Giovanna (Monica Bellucci).
Ad accomunarli il padre, il più saggio di tutti, che desidera che i due vadano d’accordo. Le rispettive figlie dei due uomini, Melita (Clara Ponsot) e Noga (Lou de Laâge) sono invece molto legate, ma costrette a sentirsi e vedersi poco a causa della distanza che pongono i loro genitori.

Storia di generazioni, di litigi, stili di vita ed idee diverse, Benvenuti a Saint Tropez è il quinto film della regista Danièle Thompson. La struttura risulta molto particolare a cominciare dalle sotto trame che la compongono e che rischiano spesso di mettere in confusione lo spettatore.

Oltre ai dialoghi molto concitati, infatti, i continui spostamenti di locations (Parigi, New York, Londra e Saint Tropez) e gli stacchi temporali a dir poco lungimiranti, non permettono quindi di stare al passo con le numerose storie che si intrecciano.

La goccia che fa traboccare il vaso e da vita al film è il matrimonio della figlia di Roni, che si celebra lo stesso giorno del funerale della moglie di Zef. I due, già scottati da tradimenti e litigi passati, si ritrovano a dover fare i conti ancora una volta con il cercare di ristabilire un’armonia familiare, tutto ciò sotto l’occhio del padre ormai molto anziano, che funge quasi da ingenuo arbitro.

La famiglia allargata a conduzione patriarcale finisce però, per essere un mix poco eterogeneo che spinge il pubblico in un vortice confusionario, con personaggi solamente abbozzati, che sospingono il film in una continua altalena fra commedia e dramma.

Certo non mancano molte gags divertenti, battute originali e una recitazione corale di medio-alta qualità, ma il vero problema sta nella sceneggiatura, troppo articolata, che non lascia respirare, coinvolgendo e allo stesso tempo imprigionando, coloro che stanno dall’altra parte dello schermo.

Un vero peccato per un film come questo che, con buonissime interpretazioni, soprattutto da parte del cast femminile, Monica Bellucci e la nuova rivelazione Lou de Laâge, regala uno scorcio della famiglia francese, che non risulta poi essere così diversa dalla nostrana.

Alice Bianco

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