Via Castellana Bandiera – Recensione
Emma Dante al suo esordio alla regia cinematografica ci porta un film diverso dove due macchine si trovano l’una davanti all’altra incastrate in un vicolo stretto, ma nessuna delle due vuole fare retromarcia lasciando passare l’altra.
Se la prima parte di “Via Castellana Bandiera” si preannuncia potente, incisiva ed interessante, la struttura narrativa riesce a mantenere questo livello solo per la prima parte, ma poi finisce per perdersi a causa della voglia di strafare della Dante che, sentendo probabilmente il peso di un’opera prima tratta da una sua stessa opera, cerca di inserirci di tutto.
Questo finisce per danneggiare la pellicola continuando ad inserire metafore e situazioni che più che omaggiare il realismo della prima metà, trasforma il tutto in qualcosa al limite del paradossale e senza senso.
Eppure la prima metà ha degli spunti interessanti che attingono ad un cinema italiano vicino al neorealismo, di un cinema fatto di voci, sguardi, persone reali, di paesetti di provincia. Il teatro riesce a ritagliarsi un piccolo spazio nelle donne che entrano nella macchina di una delle protagoniste per spettegolare.
Quello che Emma Dante cerca di fare è dare un ritratto, un’immagine dell’Italia in cui le persone si mostrano per quello che sono. Non ci sono supereroine, ci sono persone che potremmo trovare all’angolo della strada, con i nervi a fior di pelle e che se si mettono in testa qualcosa non riescono a toglierselo, fino ad arrivare ad essere addirittura crudeli se non feroci le une con le altre.
L’architettura che sostiene l’intera pellicola è solida, forse troppo, e la continua tecnica troppo ostentata, il mancato uso di campi e controcampi, veloci panoramiche ecc finisce per infastidire lo spettatore. Il climax crescente è almeno per i primi 45 minuti ben costruito creando un’atmosfera di tensione e quasi di minaccia.
Via Castellana Bandiera è, in ogni caso, un buon esordio che poteva essere qualcosa di più.
Sara Prian