Child of God – Recensione
Tratto dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy, “Child of God” rappresenta la degna trasposizione dell’opera dello scrittore americano sullo schermo, realizzata dal regista e attore, James Franco.
Il film è incentrato sulla storia di Lester Ballard (Scott Haze) un uomo accusato dalla cittadina in cui vive di essere un serial killer e uno stupratore, dichiarato da tutti un squilibrato e finendo per diventare tale.
Protagonista dell’intera pellicola, Ballard, è il simbolo stesso dell’outsider, un uomo che infatti non abita in paese bensì in mezzo ai boschi, che racchiudono una qualsiasi cittadina americana, non specificata. Diventa un tutt’uno con l’ambiente e la natura, selvaggio e il termine giusto per definire sia il paesaggio che lo circonda che il personaggio stesso.
Di lui si conosce ben poco, solamente la voce fuori campo che riprende le parole del testo di McCarthy, ne racconta un po’ il passato, sottolineando che a farlo impazzire è stato l’abbandono di entrambi i genitori. Denigrato da tutti, Ballard trova rifugio in una casupola fatiscente, con la solitudine, sua unica compagna di vita.
Solamente degli animali di peluche a farlo sentire meno solo e, quando ormai viene visto da tutti come un pericoloso criminale, non gli rimane che comportarsi come tale. Stupri, furti ed omicidi diventano il pane quotidiano di Ballard, che nel corso del film acquista sempre più una conformazione ed un comportamento da animale: caccia, si impossessa della carcassa (i cadaveri delle sue vittime) e si isola, come fosse stato abbandonato dal branco.
La scelta di impossessarsi dei corpi delle sue vittime e di far finta che siano esse stesse amici e conoscenti, è scaturita dal bisogno del protagonista di affetto e di sentirsi accettato, preferendo una ragazza morta ai vivi che abitano in paese. Nonostante dimostri di avere qualche rotella fuori posto, Ballard alla fine riesce a farla franca con tutti, appare veramente come un figlio di Dio, un miracolato che soprattutto agli occhi degli spettatori è l’unico ad essere stato accettato da una personalità importante: Dio.
Scott Haze con la sua interpretazione è riuscito a far proprio il suo personaggio, diventando un tutt’uno con la natura e riuscendo a comunicare perfettamente il suo essere selvaggio. Ottima anche la regia di Franco che, rimasto fedele al testo tratto non ha rovinato l’attesa e i buoni auspici, altrettanto di qualità anche il montaggio, che nonostante le numerose dissolvenze in nero rende scorrevole la pellicola.
Condito da scene crude e di violenza e scene di disperazione fisica e mentale, ” Child of God” adatto maggiormente ai cinefili, risulta un’opera totalmente riuscita, con un apporto recitativo del protagonista che per l’intero film riesce a tenere incollato allo schermo lo spettatore.
Alice Bianco