Philomena – Recensione
Philomena fa parte di quel cinema di una volta, di quel qualcosa che da troppo tempo mancava nel panorama cinematografico di cui si sentiva la mancanza.
La storia è quella di una madre (Judi Dench) che va alla ricerca di suo figlio che le è stato strappato dalle suore, aiutata da un giornalista della BBC.
La firma è quella di Frears e si vede tutta, così come si vede l’apporto di Steve Coogan qui factotum protagonista, sceneggiatore e produttore.
La pellicola continua a viaggiare sul filo rischioso del dramma e della commedia, attingendo ad entrambi i generi nella maniera migliore possibile, non permettendo allo spettatore ne’ di ridere troppo ne’ di commuoversi in maniera totale di fronte ad una Judi Dench perfetta ed istrionica. Rischia Frears, perché nel viaggio narrativo che intraprende, è facile esagerare, propendere più da un lato che dall’altro cadere in un banale atto d’accusa verso certe idee ed istituzioni, invece, l’equilibrio è uno degli elementi di forza della pellicola.
Non diventa mai pedante e si concede battute sarcastiche con l’intelligenza tipicamente british e che Dame Dench ci porta con un’interpretazione vicina alla perfezione.
Cura del dettaglio, l’estrema capacità di fermarsi prima di fare un passo falso, rendono Philomena il secondo film più bello di questa edizione dopo il Tracks di Curran. Certo Frears non si risparmia attacchi, momenti divertenti conditi di sarcasmo, accuse velate mai pesanti, ma mai il regista utilizza il proprio film come arma per combattere un certo tipo di dottrina o di idea. Questo perché il personaggio di Coogan, giornalista, diventa un mezzo per raccontare la pellicola con la stessa cura “documentaristica” che il lavoro del personaggio comporterebbe.
Un documentario narrativo, di forte impatto emotivo, che suscita tutti i sentimenti possibili e che conquista grazie ad una struttura narrativa perfettamente geometrica ed in equilibrio. Senza essere ideologici, Frears fa arrivare chiaro e tondo il suo messaggio di una donna che incontra jn uomo di un’altra estrazione sociale, ma che riescono assieme a vedere una nuova luce nel futuro.
Sara Prian