A Promise – Recensione
Una storia d’amore su più livelli, l’attesa, i dettagli, i respiri e gli sguardi. Così Patrice Leconte decide di portare sullo schermo una storia d’amore travagliata, ma reale, che ci porta in un’atmosfera da romanzo, che emoziona e convince.
“A promise” racconta la storia di un triangolo amoroso dove Lotte, la moglie (Rebecca Hall) di un titolare d’azienda (Alan Rickman), si innamora dell’assistente del marito, il giovane Friedrich (Richard Madden) sullo sfondo dello scoppio della prima guerra mondiale.
La pellicola di Leconte, nella estrema cura del dettaglio, negli zoom improvvisi, nei primi piani, negli sguardi che parlano più della parole, ricorda il bellissimo “Bright Star” di Jane Campion. Come quel film infatti si riesce a respirare e a far traspirare il senso di emozione sospesa. Quella che attende di esplodere e che con fatica riesce ad esprimersi, che tacitamente si insinua sotto la pelle attraverso sguardi sfuggenti e brevi momenti d’intimita’ rubata.
La bravura di Leconte sta nel non far diminuire mai il ritmo nel racconto di una storia semplice che trova i suoi picchi non nella trama, ma nell’accelerazione dei cuori. Il regista cura pazientemente i dettagli, facendo, ad esempio, vestire Lotte a lutto nel momento in cui non può viversi l’amore com Friedrich. Perché per il cineasta la mancanza di sentimento porta alla morte della persona, il contatto anche solo di sguardo se manca, spegne qualcosa dentro e così i colori della protagonista cambiano dal bianco al nero.
Ma “A promise” è una storia che parla principalmente d’amore quello vero, che fonda le sue radici su più piani. Il sentimento tra il personaggio di Alan Rickman e quello di Rebecca Hall più che da marito e moglie è quello tra padre e figlia. Un amore talmente grande e sincero, quello dell’uomo, da voler il meglio per la ragazza, tanto da avvicinarla al giovane e in salute Friedrich, colui che può davvero darle la felicità e fare da padre al loro figlio.
Proprio da questo punto di vista Leconte sembra Tolstoj e il suo “Anna Karenina” avrà influenzato Zweig e la sua novella, da cui il film è tratto. Le emozioni trattenute che soffocano, la segretezza e poi l’impossibilità di trattenersi, ma senza, qui, sfociare nello scandalo, ricordano il capolavoro russo e come esso vive di un’atmosfera sospesa, dove tutto è lì in attesa, senza sapere se sfociera’ in qualcosa o rimarrà a livello platonico.
L’amore visto da Leconte è quello romantico nel senso più letterario del termine, e tutto viene raccontato con mano esperta e senza sbavature, portando sui nostri schermi un grandissimo film.
Sara Prian