Anni Felici – Recensione
Autobiografia, che però abilmente non lo sembra. Anni felici, reduce dal successo ottenuto al Festival Internazionale del Cinema di Toronto, è il nuovo dipinto sociale, storico e sentimentale dell’Italia anni ’70, portato sullo schermo da Daniele Luchetti, che prendendo spunto dalla sua infanzia è riuscito a dare una visione oggettiva della nostra nazione di ieri.
1974. Dario (Samuel Garofalo) e Paolo (Niccolò Calvagna) sono i figli di Guido (Kim Rossi Stuart) e Serena (Micaela Ramazzotti). Guido è uno scultore d’avanguardia, ma appartiene ad una famiglia rispettabile, di intellettuali, che hanno sempre ostacolato la sua scelta di vita e quella di sposare una donna di un ceto sociale più basso, come Serena. Quest’ultima, dal canto suo, vuole solo che tutti siano felici. I due si ritrovano travolti da una profonda crisi sentimentale quando lei si invaghisce di un altro uomo e i figli fanno da testimoni alla vita dei genitori, tormentata ma piena d’amore.
Dopo Mio fratello è figlio unico (2007) e La nostra vita (2010), Luchetti ancora una volta porta al cinema una storia familiare, ma in questo caso, come ha rivelato egli stesso, la sente più sua. Gli anni ’70 hanno rappresentato per il regista il periodo della sua infanzia ed adolescenza, anni che, contaminati dalle rivoluzionarie idee sessantottine hanno condizionato e portato una ventata d’aria fresca e nuova all’Italia dell’epoca.
Il decennio d’avanguardia presentato nella pellicola, caratterizzato in particolare dall’approvazione della legge sul divorzio e dalle donne che reclamavano la parità dei diritti, è raccontato, in un intreccio di realtà e finzione, nella maniera più semplice, dando la possibilità e libertà allo spettatore di seguire le vicende proposte.
I veri protagonisti della pellicola sono Dario e Paolo ed è attraverso il loro occhio di bambini, che viene mostrata l’arte e la libertà di spirito dei loro genitori. Guido e Serena vivono un rapporto fatto di alti e bassi e, la loro apparente passionalità, viene freddamente sopita dai loro litigi e dai tradimenti, i figli ne sono testimoni e molte volte l’unico modo che hanno tutti per raggiungere la libertà, è lo sfogarsi, fisicamente e spiritualmente.
I colori, la pittura, la scultura e il cinema (sono presenti filmati con la pellicola Super8), l’arte in generale insomma, è l’elemento che caratterizza maggiormente il film, a volte a discapito dei temi importanti trattati, che riescono ad emergere lo stesso, ma rimanendo un po’ sullo sfondo.
Libertà è felicità. Questo è il messaggio che scaturisce dal film; nella vita familiare, negli affetti, così come nell’arte, nell’amore nell’erotismo e nell’essere donna. Libertà d’espressione che è presente anche nella regia di Luchetti, con inquadrature movimentate e dei bravissimi interpreti, genitori e figli, naturali nella recitazione così come nei movimenti.
Anni felici tratteggia brillantemente l’Italia dell’epoca, e la storia personale di questa famiglia alle prese con il progresso e le nuove idee, ne è il manifesto nazionale.
Alice Bianco