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Emperor – Recensione

“Se comprenderai la devozione, comprenderai il Giappone”. Ed è proprio sulla contrapposizione tra l’esercito statunitense e quello giapponese che il film di Peter Webber si fonda, portando sullo schermo una storia di un uomo, simbolo di due paesi contemporaneamente, sullo sfondo della fine della Seconda Guerra Mondiale.

Dopo la bomba atomica a Hiroshima e Nagasaki e la resa dell’imperatore Hirohito, Douglas MacArthur (Tommy Lee Jones) generale delle truppe americane, si trova a dover decidere se perdonare l’imperatore o mandarlo a morte. Decide di affidare l’incarico di scoprire le vere responsabilità dell’eminenza giapponese a Bonner Fellers (Matthew Fox) che dovrà convivere con il bisogno di ritrovare il suo amore perduto, la giapponese Aya, e il bisogno di avere risposte sui veri mandanti dell’attacco a Pearl Harbour.

Privazione. Con una sola parola si potrebbe descrivere interamente “Emperor”, che mantenendo un unico vero protagonista, Fellers, riesce a raccontare la storia di due popoli dopo il 1945. I giapponesi distrutti dalla sconfitta e dalla bomba atomica e gli americani che convivono con il bisogno di gloria e vendetta, ma anche con il senso di colpa per tutte quelle vite innocenti sterminate. Il tutto viene concentrato, appunto, nel personaggio interpretato da Matthew Fox che esponente importante dell’esercito americano, ma  anche fortemente legato alla cultura giapponese, racconta al meglio questa scissione d’animo.

Quello che Webber costruisce non è un film bellico come può apparentemente sembrare, ma è una crime love story sulla ricostruzione del ruolo che l’Imperatore ha avuto durante l’attacco che ha portato gli USA ad entrare in guerra e sulla ricerca della pace del cuore.

Lealtà e obbedienza. Sono le due caratteristiche con cui vengono definiti i devoti soldati giapponesi, ma sono anche i due elementi cuciti come medaglio d’onore nell’animo di Fellers: lealtà al proprio cuore nell’amore verso la giapponese Aya che sta cercando disperatamente e obbedienza ai suoi doveri di militare a stelle striscia.

“Emperor” è, semplicemente, la storia di un uomo che compie un percorso interiore sul senso di colpa verso la sua vita e il suo amore, ma anche che porta il peso sulle spalle degli interi USA. E’ la storia di un popolo, quello giapponese, visto non più come un nemico, ma come popolo che ha bisogno di ripartire, di crescere nuovamente.

Per Webber, infatti, non è importante fare una distinzione tra buoni e cattivi, ma raccontare il mondo orientale post bellum dagli occhi, non macchiati di odio, di un occidentale. Non viene mostrato il patriottismo, la gloria delle vittorie, ma la sconfitta umana più che territoriale che ha toccato tutti indistintamente.

La desolazione, il vuoto lasciato dalle bombe, rispecchia quindi l’aridità dell’animo umano che ha attraverso questo periodo storico.

L’opera del regista de “La ragazza con l’orecchio di perla”, nonostante qualche lentezza nella sceneggiatura, è toccante, meditata, che parla di pace sia materiale nella ricostruzione del Giappone, sia spirituale nelle domande che trovano finalmente risposta. Un film che rende omaggio e onore ai sconfitti e che contemporaneamente pone tutti gli uomini sullo stesso piano, mettendo da parte vecchi rancori, nel segno del bene comune.

Sara Prian

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