Little Feet – Recensione
Un film particolare, a tratti anche delizioso, quello che emerge dalle prime sensazioni di “Little Feet” nella sezione CinemaXXI del festival di Roma.
Diretto da Alexandre Rockwell in una co-produzione di poco più di un’ ora tra Stati Uniti e Francia, immagina i propri figli come se fossero quasi orfani, in grado di badare a se stessi in una missione di un giorno a Los Angeles.
La mamma è morta, lo si comprende dalla prima battuta “How did Mommy die?”, ma i due bambini, Lana e Nico, si divertono ad immaginarla come se fosse ancora tra loro, una presenza sospesa.
A questa morte corrisponde un’altra quella di uno dei loro pesciolini rossi. I bambini più che permettersi di intristirsi per questa nuova morte che devono affrontare, pensano a come potranno portare l’altro pesce sopravvissuto in un fiume per aiutarlo a ritrovare la felicità.
Il bianco nero della fotografia di David Walter Lech, permette di estrarre la storia dal contesto dell’hic et nunc, inserendo anch’essa in un atmosfera sospesa quasi da fiaba metropolitana dove i bambini vivono una serie di avventure come indossare dei costumi divertenti o rincorrersi.
Gli adulti in “Little Feet” non hanno un ruolo importante, sono i bambini a creare questa realtà che si avvicina moltissimo alle opere di Truffaut nelle quali i più piccoli devono fare i conti con situazioni nelle quali non dovrebbero mai trovarsi.
Rockwell riesce, in 64 minuti, a mettere in campo le paure dei genitori come quella: “Cosa accade quando non ci sono io a supervisionarli?” La risposta la ritroviamo qui, con una risposta positiva che metterà un sorriso ai più grandi.
Una curiosità il regista ha scritto la sceneggiatura con la figlia Lana, protagonista anche di questo film.
Sara Prian