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Lei – Recensione

Una ventata di originalità e genialità, irrompe al Festival del Film di Roma con Her quarto lungometraggio del talentuoso regista Spike Jonze (rivelatosi con Essere John Malkovich e Il ladro di orchidee) con uno straordinario e ritrovato Joaquin Phoenix.
Storia di sentimenti e rapporti umani che guarda in modo anticonvenzionale alla natura dell’amore ambientata in una Los Angeles di un futuro non lontano, Her ruota completamente attorno alla figura di Theodore Twombly (Phoenix) che si guadagna da vivere scrivendo lettere personali per conto di altre persone. Distrutto dalla fine di una lunga relazione, l’uomo acquista un sistema operativo di ultima generazione che, tra le sue funzioni, presenta una nuova applicazione capace di ragionare e relazionarsi con l’utente. Dopo un po’ di tempo, l’uomo si scopre innamorato del software OS che, con la voce di una donna di nome Samantha (in originale è quella di Scarlett Johansson), sembra ricambiare il sentimento. Si instaura così una relazione non convenzionale, un amore impossibile per una donna che non ha corpo e che stravolgerà la vita di Theodore.
Un film a prima vista complesso eppure semplice nella sua sostanza e per questo così emozionate. Il regista fa un passo molto ardito, prende le relazioni umane e le sposta su un’altra dimensione, in cui la natura dell’amore cambierà di segno diventando quasi incontrollabile, in un mondo in cui  le varie tecnologie di cui già ci serviamo saranno in grado di provare e suscitare emozioni. A prima vista si tratta di una strana storia di una relazione tra uomo e macchina ma non è semplicemente questo. Un cuore pulsante e ricco di emozioni batte dentro a un sistema operativo sofisticatissimo elaborato in sede di sceneggiatura dal visionario regista. Ne nasce qualcosa di nuovo e potente, un sentimento inconsueto per cui il protagonista riesce ad amare, sorridere, piangere, essere felice, addolorarsi, avere paura, e tutto attraverso un auricolare, un medium tecnologico freddo eppure caldo, distante eppure vicino. Una ‘Artificial Intelligence’ dotata di grande sensibilità, ironia e dolcezza (impreziosita dalla suadente voce roca di Scarlett Johansson che trasuda sensualità senza apparire neanche per un secondo) che provocherà magari molti dibattiti sul rapporto attuale tra uomo e le tecnologie digitali e sul pericolo alienazione connesso al loro abuso. Ma il film, pur essendo disseminato di riferimenti all’annosa questione ‘pro’ o ‘contro’ le tecnologie, si focalizza su qualcos’altro.
Dolori, sofferenze, vuoti, ma anche cambiamenti e maturazioni, in un percorso fortemente umano che forse è anche la metafora di tutta la nostra solitudine tecnologica.
Jonze colpisce perché parla di cose che stanno a cuore a tutti, oggi forse ancora di più: identità problematiche, relazioni umane, conflitti del cuore. Questioni ‘tecnologiche’ a parte, il film emoziona soprattutto perché è un nuovo, sorprendente e affascinante viaggio intorno a quell’eterno e insondabile mistero che è l’amore.
Un film geniale e riuscito, visivamente accattivante e condito da ottime musiche, interpretato da un grandissimo Joaquin Phoenix (perfettamente misurato e capace di sostenere da solo in scena il rapporto con una voce). Un’opera capace di toccare corde profonde con rinnovata delicatezza, quasi un capolavoro che si candida a essere uno dei favoriti alla vittoria di questo Festival.

Elena Bartoni

 

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