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In solitario – Recensione

La sezione “Alice nella città” del Festival di Roma è capace di regalare piccoli film interessanti come questo In solitario, avventura tra gli oceani interpretata dal grande attore francese François Cluzet (l’indimenticabile interprete di successi d’Oltralpe come Quasi amici e Piccole bugie tra amici).
Il mare e la sua immensità, i suoi silenzi, il sibilare dei venti, le onde, le correnti, un flusso di emozioni ininterrotto per chi lo vive. Il giro del mondo in solitaria a bordo di una barca a vela è un’esperienza unica e forte, travolgente e totalizzante.
La Vendée-Globe è una regata per barche a vela che consiste nella circumnavigazione completa in solitaria senza possibilità di attracco o di assistenza esterna (pena l’esclusione dalla competizione). Un’iniziativa fondata da Philippe Jeantot nel 1989 e che a partire dal 1992 si è svolta ogni quattro anni. La gara inizia e finisce a Les Sables-d’Olonne nel dipartimento francese di Vendée sull’Oceano Atlantico arrivando a procedere in senso orario attorno all’Antartide.
Attorno a questa avventura ruota In solitario esordio alla regia di un lungometraggio dell’ex capo-operatore Christophe Offenstein, un uomo appassionato di gare estreme che ha anche partecipato alla Parigi-Dakar in moto.
Il protagonista della storia è Yann Kermadec (Cluzet),vedovo cinquantasettenne che parte per la Vendée-Globe. L’uomo lascia a casa la nuova compagna Marie (Virginie Efira recente interprete della commedia 20 anni di meno) la figlia Léa e il collega Franck Drevil (Guillaume Canet) che si è dovuto ritirare dalla gara perché infortunato. Dal momento che è l’ultima occasione di partecipare a una competizione così importante, Yann è determinato a mettercela tutta. Ma l’incontro inatteso con un giovanissimo clandestino (Samy Seghir) che sogna Parigi, lo metterà alla prova costringendolo a un confronto con un mondo per lui sconosciuto.
Un’avventura umana che procede di pari passo con quella sportiva fino a prevalere. Un incipt che lascia prevedere una regata appunto en solitaire di un uomo solo a contatto con la forza della natura e che poi diventa qualcos’altro, la storia di un rapporto a due molto speciale.
Il tema sociale dell’emergenza degli sbarchi clandestini viene man mano a galla e il film cambia man mano, nella forma e nella sostanza.   
Punti di forza della pellicola, vera impresa produttiva durata quasi due anni girando in condizioni spesso difficili, sono una regia che tiene la macchina da presa spesso a pelo d’acqua e soprattutto la recitazione di Cluzet (che peraltro dimostra di sapersi ben destreggiare tra vele e corde) perfettamente in equilibrio tra rabbia e ricerca interiore.
Un incontro-scontro tra uomo e mare che vira (letteralmente) verso uno straordinario confronto carico di umanità e emozioni autentiche.

Elena Bartoni
 

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