Border – Recensione
Presentato in anteprima al recente Festival di Toronto, Border del regista italiano Alessio Cremonini è una pellicola particolare, affronta il tema della guerra siriana, della ribellione contro il potere, ma lo fa tramite la voce e la macchina da presa di un autore italiano, che testimonia senza giudicare.
Aprile 2012, Siria. La quotidianità di Aya (Sara El Debuch) e Fatima (Dana Keilani), due sorelle musulmane molto religiose, che durante gli scontri tra la polizia e la Shabiha, i miliziani del regime, vengono costrette tutto ad un tratto a prendere le loro cose e scappare dopo l’arrivo di Muhammad (Wasim Abo Azan) uno dei ribelli del regime, che rivela come il marito di Fatima sia considerato un traditore per essersi unito al Libero Esercito Siriano. L’unica possibilità di sopravvivere per le due donne è quello di attraversare il confine con la Turchia, cercare rifugio e aspettare che il marito le raggiunga. Farid, un amico di Muhammad le aiuterà.
Reale e capace di raccontare la realtà siriana quasi da un punto di vista documentaristico, Border racconta la storia tormentata di queste due sorelle costrette a mollare tutto per cercare la pace: questa volta la terra promessa è rappresentata però dalla vicina Turchia.
Narrativamente parlando il film riesce a raccontare bene la storia dei suoi protagonisti senza allargarsi troppo, senza voler per forza insistere sull’atmosfera e spingere troppo sull’acceleratore della messa in scena.
Diretto con consapevolezza e con lo scopo di dimostrare innanzitutto la realtà, Border non indaga singolarmente sui sentimenti e le storie personali delle protagoniste, mostrando piuttosto un intero Paese dilaniato e scosso dalla guerra.
La cultura e l’esperienza di vita che stanno vivendo è brillantemente portata sullo schermo da tre attori che seppur esordienti dimostrano di essere molto bravi.
Alice Bianco