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Il paradiso degli orchi – Recensione

La caratteristica di questa ottava edizione del Festival del Film di Roma è che spesso le opere più interessanti sono state presentate nella sezione Fuori Concorso.
E’ il caso di Au bonheur des ogres – Il paradiso degli orchi, primo film tratto da uno dei romanzi di maggior successo della ‘saga Malaussène’ di Daniel Pennac che ha raggiunto numeri da record. Primo romanzo che inaugura la serie nel 1985 mettendo in scena il personaggio di Benjamin Malaussène insieme ai suoi fratelli e alle sue sorelle, “Il paradiso degli orchi” ha venduto solo in Francia più di 1.5 milioni di copie mentre la saga completa ha raggiunto la cifra impressionante di 6 milioni. Il libro è stato tradotto in più di 20 lingue diventando un fenomeno globale.
La famiglia Malaussène è uno strambo gruppetto di persone in cui una madre assente, sempre alle prese con improbabili fughe amorose, ha sparpagliato ovunque i padri dei suoi bambini. Per Benjamin Malaussène, che ha una professione singolare come “capro espiatorio” all’ufficio reclami di una grande magazzino ed è il fratello maggiore responsabile di questa allegra famiglia, la vita non è mai noiosa. Ma quando nel grande magazzino dove lavora iniziano a verificarsi strani attentati dinamitardi ovunque lui si trovi, il sospettato numero uno agli occhi della polizia e dei colleghi è proprio Benjamin. Di colpo per lui diventa fondamentale scoprire perché e soprattutto chi potrebbe spingersi fino a tal punto per incastrarlo. Benjamin condurrà la sua indagine accanto a un’intrepida giornalista soprannominata zia Julia di cui subisce il fascino.
Non c’è dubbio, ci troviamo di fronte a un film frizzante e dal ritmo frenetico, in cui il regista Nicolas Bary, trasferendo sul grande schermo il romanzo di Pennac, riesce a conservarne le atmosfere, i toni, i colori.
Certo, l’invenzione di Malaussène è geniale e unica, il suo essere “capro espiatorio” sul lavoro e nella vita privata lo rende un personaggio che non può non rimanere impresso nella mente e suscitare un moto di immediata simpatia. Sembra curioso che ci siano voluti trent’anni per portare al cinema questo successo letterario. Lo ha fatto finalmente il trentatreenne Bary indovinando, oltre alle atmosfere e al ritmo, anche la scelta degli attori.
Quale faccia migliore per vestire i panni di Benjamin Malaussène  di quella dell’attore Raphaël Personnaz? Il suo ritratto del povero capro espiatorio, pagato per farsi strapazzare ferocemente dal responsabile dell’ufficio vendite davanti a clienti scontenti i quali, impietositi, alla fine rinunciano a sporgere denuncia contro il centro commerciale, è praticamente perfetto. Altra scelta vincente è quella della bella Bérénice Bejo (già protagonista del pluripremiato The Artist) per il ruolo della pungente giornalista soprannominata zia Julia che conquista il cuore del povero Malaussène. Da non dimenticare anche la presenza speciale di Emir Kusturica nelle inconsuete vesti di attore nel ruolo di Stojil, guardiano notturno del grande magazzino e padre sostitutivo di Benjamin.
A far da contorno al protagonista, un galleria di personaggi davvero unica come i componenti della bizzarra famiglia: Louna, la sorella incinta dalla bellezza dolce, l’occhialuta Therèse, che ha il dono di leggere il futuro nei tarocchi, Jeremy, ragazzino sboccato con la passione per gli ordigni esplosivi, e il più piccolo dei fratelli con occhialini rosa e apparecchio per l’udito (da spegnere al momento giusto). A fare da fedele seguito, il canone puzzolente Julius. Personaggi eccessivi e naïf, quasi assurdi, immersi in una Parigi magica, ma al tempo stesso caotica e pericolosa.
Merito del regista è di aver saputo mescolare toni da commedia con pennellate thriller ricoprendo il tutto con un tocco di fantasia visionaria (simboleggiato dai racconti fantastici pieni di giraffe e orchi che Malaussène inventa per i suoi fratellini).
Un film godibile e piacevole dalla prima all’ultima scena, costellato da dialoghi brillanti e da grande energia, capace di conservare intatta l’inimitabile ironia dell’autore letterario.      
Chissà che non si decida di inaugurare una serie, realizzando un secondo film dal successivo romanzo della saga, il delizioso “La fata carabina”.

Elena Bartoni
 

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