As I Lay Dying – Recensione
James Franco è da sempre un attore poliedrico che sa donarsi alla commedia tanto quanto al blockbuster o al film impegnato, ma è ancora di più un regista complesso che non si risparmia rischiando con opere di difficile adattamento come il romanzo di William Faulkner “Mentre morivo”.
La storia di per sé è molto semplice: alla morte di Addie Bundren la sua famiglia decide di seppellirla a Jefferson nel Mississipi, intraprendendo un lungo viaggio con carro e cavalli.
Così come Caronte trasportava le anime sulla sua imbarcazione attraverso il fiume Stige, così James Franco e i suoi fratelli trasportano la salma della madre sul terreno fangoso e bagnato della campagna americana.
Un vero percorso nei gironi infernali o meglio un’Odissea quella che la famiglia Bundren deve attraversare per poter seppellire la propria madre, ma in quest’opera quello che risulta interessante più della storia stessa è il modo in cui Franco decide di adattare un libro complesso, ricco di punti di vista e di “a parte” come quello di Faulkner.
Il factotum del cinema contemporaneo decide di non sacrificare nulla della prosa attraverso continui split screen e primi e primissimi piani dove riesce a far accadere diverse cose contemporaneamente facendo da una parte perdere un po’ il filo della narrazione, ma dall’altra a rimanere completamente fedele al testo di riferimento.
Interessante anche l’uso del montaggio che manda avanti, ferma, riavvolge e fa ripartire la narrazione, mantenendo diversi piani temporali anche contemporaneamente. Questo però va ad inficiare sulla struttura narrativa dove i dialoghi risultano difficili per il cinema da seguire, mentre a risaltare è l’impostazione registica assolutamente da manuale.
“As I lay dying” è un film che scava nella fede, nelle superstizioni e nei rapporti famigliari delle campagne americane attraverso una fabula estremamente complessa e che rispecchia la difficoltà che chi ha letto il libro ha riscontrato.
Come l’opera letteraria la pellicola di James Franco si sviluppa per voci polifoniche in contrappunto, messe in scena attraverso i monologhi e attraverso il “steam of consciusness” che passa da un James antico (Joyce) ad uno moderno (Franco). Il risultato è qualcosa di veramente raro da vedere al cinema e va applaudito il modo in cui il regista ha deciso di porsi e di porci su questa opera.
Sara Prian