I Sogni Segreti di Walter Mitty – Recensione
Tratto dal breve racconto “The Secret Life of Walter Mitty” dell’apprezzato vignettista e umorista James Thurber, I sogni segreti di Walter Mitty già portato sul grande schermo nel 1947 (Sogni proibiti di Norman Z. McLeod) riapproda al cinema, riadattato, grazie a Ben Stiller che ha voluto mettersi in gioco nel doppio ruolo di regista e protagonista, dando vita ad una pellicola fantasiosa ed avventurosa, ma che purtroppo lascia un senso di non finito.
Walter Mitty (Ben Stiller) è l’archivista dei negativi della famosa rivista Life, quando arriva la notizia che ben presto scomparirà l’edizione cartacea, inizia a profilarsi il problema dell’immagine di copertina. C’è una foto adatta, scattata da un dei più importanti fotografi del mondo, ma nessuno l’ha mai vista perché il negativo non si trova. Sarà Walter, che non è mai uscito dalla sua città, a proporsi per andare alla ricerca dell’avventuroso fotografo e del suo negativo, in alcuni dei luoghi più incredibili del pianeta.
Alienato ed uno a cui piace alienarsi, così si potrebbe descrivere Walter Mitty, una sorta di moderno ed americano ingegner Ugo Fantozzi, deriso da tutti in ufficio proprio per la sua “abilità” nell’incantarsi, estraniarsi dal mondo che gli sta attorno, per trasferirsene in un altro, quello fantastico e creato da lui.
Quando si dice sognare ad occhi aperti! I sogni e le situazioni illusorie che Walter si costruisce nella mente, per sviare alla monotonia delle sue giornate tutte uguali, unite al consiglio datogli dalla collega Cheryl (Kristen Wiig), “La vita è essere coraggiosi e andare verso l’ignoto”, gli daranno la giusta dose di temerarietà per poter affrontare una missione importante come quella di arrivare anche in capo al mondo pur di riuscire a recuperare un semplice negativo fotografico mancante.
Dietro a questa decisione di partire così su due piedi però, non vi è nient’altro che l’intento di dimostrare a se stesso e agli altri quanto vale, di come egli sia capace di agire e reagire, nonostante la compostezza quasi catatonica che lo contraddistingue e lo fa apparire senza spina dorsale.
L’evoluzione del gobbo ed impacciato impiegato giacca e cravatta, visibile nella prima parte del film, si modifica in meglio nella seconda parte, quando spavaldo e determinato è pronto a lasciarsi tutto alle spalle e partire all’avventura. Altrettanto però non si può dire per il film, che nonostante tutti gli sforzi per darsi un tono ed evolvere, finisce per rappresentare un nulla di fatto.
Magnifici i paesaggi mozzafiato della Groenlandia e dell’Islanda, accurata la fotografia e buonissima la prova di regia di Ben Stiller, ma ciò che manca al film sembra essere lo scopo principale.
Di per sé infatti, la pellicola non si differenzia molto dalle altre del genere “ritrovare se stessi”, l’unico elemento che fa presagire l’idea di una qualche originalità è l’aggiunta data proprio da quel sognare ad occhi aperti del protagonista. Lo spettatore sarà conquistato dall’assurdo mondo creato da Mitty e per i meno esigenti, basterà questo a farli divertire.
Alice Bianco