Red Krokodil – Recensione
Una pellicola complessa, indipendente e sicuramente di difficile acchito per il grande pubblico, ma toccante e distruttiva. Questo è “Red Krokodil”, film di Domiziano Cristopharo, di solito regista indie horror che questa volta si mette in gioco in un tema forte come gli effetti delle dipendenza da droga.
Un uomo dipendente dal Krokodil si ritrova completamente solo in una città post nucleare. Il suo abuso di droga lo porterà ben presto ad avere delle allucinazioni che si fonderanno con la realtà.
Solitudine e dipendenza. Disfacimento del corpo a causa dell’assunzione di Krokodil in parallelo con il disfacimento interiore. Un percorso lungo i gironi dell’inferno in attesa della pena finale quella che Cristopharo ci racconta attraverso una regia minimal tanto quanto la scenografia che focalizza l’attenzione dello spettatore sull’unico punto di fuga: l’uomo e la lotta contro la sua dipendenza.
Il regista si affida alla voce fuori campo dell’attore protagonista, Brock Madson, in una sorta di stream of consciousness di deliri, allucinazioni e momenti di lucidità che portano lo spettatore a vivere l’esperienza del protagonista a ritroso. Nel suo passato l’uomo cerca di ritrovare l’anima di quel se stesso ormai perso, un motivo per vivere in un presente buio senza speranza.
Se pensate che il tema principale del film sia la morte e la dipendenza come unica via d’uscita dalla solitudine, vi sbagliate. Il regista riesce invece a creare un inno alla vita e alla sua struttura. L’uomo secondo Cristopharo si determina in base alle sue scelte e non al destino. Il protagonista si trova in questa situazione perché lo ha deciso lui, ma se solo volesse potrebbe cambiare la sua condizione e rinascere.
Il destino dell’uomo è quindi determinato dallo stesso essere umano e non costituito da eventi che noi non possiamo decidere.
“Red Krokodil” è un film particolare, geometrico e disturbante che difficilmente potrà arrivare nelle grandi sale, ma dimostra il valore che il cinema può avere anche e soprattutto al di fuori dei blockbuster che invadono le nostre città.
Sara Prian