Monuments Men – Recensione
Portentosa quarta prova dietro e davanti alla macchina da presa, quella di George Clooney, che citando una frase detta proprio dal suo personaggio nel film, dimostra di ‘non avere solo un bel faccino’, ma anche buone doti registiche, già proposte con ‘Good Night & Good Luck’ (2005), ‘In amore niente regole’ (2008) e ‘Le idi di Marzo’ (2011).
Seconda Guerra Mondiale, le forze alleate stanno per attaccare la Germania e lo storico dell’arte Frank Stokes (George Clooney) ottiene l’autorizzazione da Roosevelt in persona di formare un gruppo di esperti che cerchi di recuperare le opere d’arte, che Hitler sta facendo portare via e nascondere, in previsione della costruzione del gigantesco Museo Fuhrer. In caso di sconfitta del Reich l’ordine è di distruggerle. A costituire la compagnia due storici, Jeffries (Hugh Bonneville) e Savitz (Bob Balaban), l’esperto d’arte Granger (Matt Damon), l’architetto Campbell (Bill Murray), lo scultore Garfield (John Goodman), il pilota francese Clermont (Jean Dujardin) e un soldato ebreo tedesco, Epstein (Dimitri Leonidas) per le traduzioni.
Martiri dell’arte e dell’intera storia d’Europa e del mondo, i Monuments Men, la cui esistenza è rimasta per troppo tempo in sordina, acquistano qui un valore e un’importanza mai avute prima e il merito va tutto a Clooney, che li ha portati sul grande schermo, facendone conoscere le loro incredibili gesta, per amore dell’arte e dello spirito nazionalistico.
Ciò che durante tutto il film, preme all’attore e regista infatti, è far cambiare idea e dimostrare a coloro che, scettici, pensano ‘Ma con una guerra in atto ed innocenti vittime, valeva la pena combattere per difendere la storia?’, come ne sia invece valsa la pena.
Soldati veri, combattenti e nonostante l’inesperienza in battaglia, coraggiosi, la banda dei Monuments Man, ha sfidato la sorte e messo a repentaglio la propria vita, per un dovere verso il passato e la cultura di ogni nazione e per una personale passione e valore morale, partecipando così, alla sconfitta del Fuhrer.
Coniugare storia, arte, cinema e narrazione non è impresa da poco, Clooney però, portando in scena un cast affiatato ed eterogeneo, come quello degli ‘’amici’’ che compongono il gruppo dei Monuments Men, alternando riflessioni sulla storia, momenti di malinconia, drammaticità ad altri di sottile comicità, è riuscito a dar vita ad un film realista, appassionato ed affascinante.
Ottima inoltre la componente musicale, con sonorità create dal premio Oscar, Alexander Desplat, che ha giocato molto sul registro comico e drammatico del film. Una pellicola che dimostra la qualità di Clooney come regista, ma soprattutto la sua volontà di inculcare e far trasparire, ad un pubblico di massa, il valore umano, etico e morale insito nell’arte, patrimonio di una nazione.
Alice Bianco