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The Lego Movie – Recensione

Un film-giocattolo, protagonista “il” giocattolo per antonomasia, il mitico, l’unico, inimitabile mattoncino Lego. Il fascino senza tempo che ha fatto giocare e crescere bambini, ragazzi (e adulti) di intere generazioni sviluppando la loro creatività è stato il motore che ha mosso Phil Lord e Christopher Miller, ideatori, sceneggiatori e registi di The Lego Movie, non un cartone frutto dell’animazione tradizionale ma una vera creazione virtuale. Il risultato è un film sui generis, a metà tra la tecnica stop motion e il digitale puro.
La storia ha per protagonista Emmet, un operaio comune che per errore viene scambiato per il Prescelto, la figura-chiave per salvare il mondo e fermare il Presidente Business, malvagio imprenditore animato da sete di dominio mondiale. Lord Business vorrebbe eliminare i Mastri Costruttori (individui che sono in grado di trasformare qualsiasi pila di mattoncini e ricostruirli con forme nuove) perché odia la loro capacità di innovazione e per farlo vuole usare una terribile arma chiamata Krangle. La bella Wyldstyle è una dei ribelli che vorrebbe fermarlo. Quando Wyldstyle incontra Emmet nel suo cantiere, lei è alla ricerca dell’unica cosa che potrebbe bloccare il piano di Lord Business, il Pezzo Forte. Così quando scopre che il pezzo vitale è inspiegabilmente fuso nella schiena di Emmet, la cui unica ambizione è il conformismo, lui si ritrova ad essere quello “Speciale”, la persona più importante dell’universo. Emmet si trova coinvolto in un’avventura più grande di lui e a sfrecciare ad alta velocità per le strade della città di Bricksburg su una moto guidata da Wyldstyle.
The Lego Movie è un’avventura ricca di azione che si muove su scala epica ma che allo stesso tempo restituisce la sensazione di qualità artigianale, quella accessibilità tipica degli immortali mattoncini di cui il film è sicuramente un enorme spot (quale bambino non chiederà l’ennesima scatola di Lego dopo il film?). Qui tutto è su scala grandiosa, se si pensa che il film contiene 3.863.484 mattoncini (alcuni riutilizzati per più scene) e 183 omini originali. Se una persona volesse ricreare a mano l’intero film avrebbe bisogno di più di 15 milioni di mattoncini.
Dopo aver lavorato di fantasia con Piovono polpette, Lord e Miller questa volta hanno avuto modo di liberare la loro creatività mille volte di più.
Il messaggio di fondo della storia è chiarissimo: in ognuno di noi c’è sempre qualcosa di speciale. Anche la più comune delle persone potrebbe avere un impatto enorme sul mondo che ci circonda.
Le immagini dei Lego hanno il pregio di essere realistiche quanto basta, i realizzatori infatti non si sono affidati unicamente all’effetto animazione computerizzata ma a uno stile visivo che assomiglia più allo stop motion. Gli animatori non hanno composto sfondi uniformi in CG ma hanno ricreato ogni singolo componente e costruito ogni scena mattone dopo mattone. La volontà di dare un aspetto “tattile” e “organico” è stata in effetti rispettata. Il contributo dello studio australiano Animal Logic e del mago dell’animazione Chris McKay come co-regista ha fatto il resto.
Grandiosità dispensata a piene mani completata dal corredo in 3D che amplifica l’effetto stupore di fenomeni naturali ricreati con l’uso dei mattoncini. Acqua, rocce, fumo, polvere, incendi, tutto è tattile e composto da pezzi di Lego. E così, strabuzzate pure gli occhi di fronte a un oceano fatto di Lego (con onde composte di mattoni ondulati), a un intero mondo Vecchio West, alla grande città di Bricksburg in cui tutto è uguale (ogni mattina Emett come operaio edile rade al suolo qualsiasi edificio ritenuto strano e lo sostituisce con uno esattamente uguale agli altri), a Cloud Cuckoo Land (regno senza regole e meraviglioso parco giochi in cui tutto è divertente, presieduto da Unikitty, una gattina bianca incrociata con un unicorno).
Emmett, l’operaio con la sua divisa arancio, abitudinario e amante dei manuali d’istruzione (come quello che consulta ogni mattina per ricordarsi di fare la doccia e mettersi i pantaloni) e la bella Wyldstyle, una trasgressiva ragazza con i capelli neri con meches turchesi e fucsia e felpa nera con graffiti: due tipi opposti che finiranno per attrarsi, l’uomo qualunque, tranquillo, ordinario e cuor contento e la ragazza ribelle, forte e intelligente.
Accanto alla strana coppia, a comporre la colorata squadra per la salvezza del mondo, tanti supereroi riuniti, da Batman a Superman, a Wonder Woman, alcuni personaggi storici che vanno da Shakespeare a Abramo Lincoln, fino a un pirata pazzo che ha perso alcune parti del corpo di nome Barbacciaio e a un astronauta anni ’80 di nome Benny. Non poteva mancare il vecchio saggio dispensatore di consigli, un anziano hippie di nome Vitruvius che indossa un paio di sandali e una maglietta dipinta che si intravede sotto una voluminosa barba candida.
Un vero arsenale di veicoli fantastici per mare-terra-aria e il volo è servito, a uso e consumo di bambini e adulti, che verranno catapultati in una serie di episodi tra il grottesco e l’incredibile conditi da tocchi raffinati (francamente non adatti per i più piccoli) e gag talvolta esilaranti in un potpourri dei più svariati elementi, spesso inverosimile e un po’ troppo tirato per le lunghe (prima del finale il film tira un po’ il fiato). Un universo fracassone dove si può fare e può accadere di tutto (l’elogio della fantasia come principale strumento di rivoluzione è il chiaro messaggio di fondo del film), ma in fondo, con quei mattonicini in mano (alzi la mano chi non ci ha mai giocato), non si può fare davvero di tutto?

Elena Bartoni   
 

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