The English Teacher – Recensione
Una commedia agrodolce, quasi una favola (con quella voce femminile fuori campo della narratrice e quelle scritte in sovraimpressione) ambientata in una piccola città della Pennsylvania e costruita interamente attorno al personaggio di una professoressa single (o, come si diceva una volta, zitella) che ha passato i quaranta da un bel po’. D’altronde il titolo del film d’esordio alla regia cinematografica di Craig Zisk (veterano di serie televisive) parla chiaro, The English Teacher.
Linda Sinclair (Julianne Moore) insegna letteratura inglese, ha quarantacinque anni, vive sola nel suo appartamento con due gatti, ama leggere romanzi e passare serate tranquille davanti a bei film in tv. La sua unica trasgressione è rappresentata dagli appuntamenti al buio che si concede di tanto in tanto, bocciando regolarmente i pretendenti con gravi insufficienze. La pacifica routine di Linda viene sconvolta quando un suo ex studente, Jason Sherwood (Michael Angarano), ritorna nella cittadina di Kingston dopo aver cercato senza fortuna il successo come drammaturgo a New York. Il ragazzo, messo sotto pressione dal padre (Greg Kinnear), medico che sogna per lui una carriera da avvocato, è sul punto di abbandonare i suoi sogni. Ma Linda non accetta il fatto che un suo pupillo tralasci ogni velleità e decide di mettere in scena la sua opera, un lavoro cupo e pieno di rabbia, come produzione della scuola affidando la regia all’insegnante di teatro Carl Kapinas. L’avventura conduce la donna fuori dalla sua normalità, facendole affrontare i rischi della vita e dell’amore. Licenziata dalla scuola, con la reputazione e la carriera in rovina, Linda non si arrende e trova una grande forza in se stessa e nella sua volontà.
Letteratura, teatro, amore. Sono questi i tre ingredienti principali di un film interamente cucito addosso alla sua attrice protagonista, la rossa più celebre del cinema americano, Julianne Moore, che, grazie a classe e bravura, regge sulle sue spalle il peso di una commedia che senza di lei sarebbe stato un prodotto piuttosto scialbo, costruito a partire dagli inevitabili cliché sulla professoressa zitella cresciuta a pane e romanzi.
L’amore per la letteratura, la passione per la drammaturgia, un testo difficile da rappresentare, un giovane aspirante drammaturgo in rotta di collisione con un padre medico affermato (e forse col mondo intero): e la storia si infiamma, letteralmente, tra la preparazione di uno spettacolo sotto la direzione di un vulcanico regista (Nathan Lane, il migliore di tutti i comprimari) e la scintilla che si accende all’improvviso su una cattedra di un’aula vuota tra la stagionata professoressa e il (troppo) giovane ex allievo. In mezzo, battibecchi, incomprensioni, regole (le autorità scolastiche che minacciano la messa in scena se non verranno rispettati certi parametri pretendendo il cambiamento di un finale troppo tragico per una recita scolastica) ma anche sovvertimenti, dubbi, ansie, crisi (di mezza ma anche di giovane età).
Al centro di tutto, la professoressa Sinclair: è lei “La Crisalide” che dà il titolo al dramma scritto dal suo ex allievo, una donna i cui equilibri vengono sconvolti da un impulso che la porterà a vivere una profonda crisi (umana e professionale) e a capire che la vita non è come uno dei tanti romanzi in cui ama rifugiarsi. Ed ecco la crisalide uscire dal suo bozzolo, vincere le sue paure e spiccare il volo.
C’è un po’ di tutto in questa commedia esile come un filo di lana, abbastanza prevedibile e priva di veri slanci, romantica quanto basta, popolata da figure troppo standardizzate (come l’ex allievo arrabbiato e “ribelle senza causa”), scritta dalla coppia di sceneggiatori Stacy e Dan Chariton e trascinata da un buon cast verso l’inevitabile happy-end (condito dai giudizi scritti in sovraimpressione dalla professoressa protagonista, quasi si trattasse finalmente della giusta versione di un compito in classe troppe volte sbagliato).
Elena Bartoni