Maps to the Stars – Recensione
David Cronenberg è uno di quei registi sempre sul pezzo, capace di offrire la propria visione di un particolare aspetto della nostra società o del mondo. Anche in questo caso, con l’interessante ‘Maps To the Stars’ ci svela il mondo di Hollywood visto come una grande figura matronesca in grado di partorire incubi, paure ed insicurezze.
Sanford (John Cusack) è il patriarca della famiglia Weiss, analista e allenatore che ha fatto una fortuna con i suoi manuali di auto-aiuto; la madre Christina (Olivia Williams) fa da manager al figlio Benjie (Evan Bird), 13 anni, un attore bambino con problemi di tossicodipendenza. Una dei clienti di Sanford è Avana (Julianne Moore), attrice che sogna di girare un remake del film che ha reso la madre, Clarice (Sarah Gadon), una star negli anni ’60. Clarice è morta, ma le visioni di lei perseguitano Havana di notte. Al tutto si aggiunge Agatha (Mia Wasikowska), recentemente rilasciata da un istituto psichiatrico dove è stata curata per piromania.
Con uno sguardo cinico, forse a tratti freddo, Cronenberg ci conduce a La Mecca del cinema, Hollywood, intrecciando vite disperate, perse, sogni di cartone in un mondo fissato con il glamour e la celebrità e che finisce per generare, dal suo ventre tondo come la collina su cui impereggia la celebre scritta, mostri.
Si perché ‘Maps to the Stars’, in senso lato, è quasi una storia di fantasmi, metaforicamente e non. Di persone che si trascinano nella propria esistenza alla ricerca di un qualcosa che li renda vivi, di un fuoco che faccia sentire loro di appartenere a qualcosa. Hollywood viene tratteggiata da Cronenberg, con l’aiuto dello sceneggiatore Bruce Wagner, come una realtà asettica, vuota, minimal, una prigione corrotta dove gli agenti in campo, perseguitati dai propri demoni e dal bisogno di essere qualcuno, cercano la libertà.
Una libertà che si ottiene solo in maniera catartica o, pessimisticamente, in maniera definitiva con la dipartita cercata o improvvisa.
Hollywood è vista come Titano che fagocita i propri figli e poi li risputa completamente diversi, distrutti dentro, alla ricerca di una felicità che il denaro non può più offrire.
Maps to the Stars è anche, oltre che un’ottima analisi del divismo moderno, un ottimo lavoro di recitazione tra cui spicca l’interessante giovane Evan Bird, la conferma Mia Wasikowska e l’immensa Julianne Moore, qui in un interpretazione da brividi.
Un’opera disturbante, cinica, che per molti potrebbe essere considerata fredda, ma funzionante per ciò che si propone Cronenberg: mostrare un mondo, Hollywood, che da sogno si trasforma nel peggior incubo.
Sara Prian