Incompresa – Recensione
Asia Argento torna alla regia con Incompresa, un film intimista, ma allo stesso duro, crudele, che trasforma l’amore in amaro in bocca, se non talvolta in sangue. Una fiaba moderna, che fatica a trovare il lieto fine e che ci lascia impietriti, davanti alla mancanza di amore che una persona può ricevere.
Si pensa che quando si è piccoli, sia praticamente impossibile non ricevere amore, in special modo da chi ci ha messo al mondo, che sia una cosa scontata e sulla quale non bisogna discutere. Ma se i problemi personali e la vita di mamma e papà vengono prima dei figli ecco che il ciclo naturale si spezza, dando vita ad una figura sola, incompresa come Aria (Giulia Salerno), 9 anni, che si ritrova suo malgrado a vivere una violenta separazione dei suoi genitori.
Aria, strattonata nel conflitto tra suo padre e sua madre, respinta e allontanata, attraversa la città con una sacca a strisce e un gatto nero, sfiorando l’abisso e la tragedia.
Un viaggio perpetuo alla ricerca dei riflettori, di una luce della ribalta, che non arriva dal mondo dello spettacolo come cercano i suoi genitori, ma dall’amore, un amore che ad Aria manca e che la rende, prima che incompresa, assolutamente invisibile.
Il film di Asia Argento, ricercato anche dal punto di vista visivo che ci riporta direttamente agli 80, con una grana sgranata e un 4:3 d’epoca, parte come un classico coming-of-age, trasformandosi, pian piano, in un racconto più crudo, senza peli sulla lingua, che non cerca mai, per forza di cose, la catarsi.
A risaltare di più in questo Incompresa è il cuore con il quale la regista decide di raccontare la storia di Aria. Se l’amore non arriva dalle persone che stanno accanto alla protagonista, lo si percepisce però dalla macchina da presa, prolungamento della mano dell’Argento, un angelo custode invisibile, che diventa elemento costante, che non abbandona mai Aria, unico elemento a cui aggrapparsi, a cui raccontare le sue vicende.
Nonostante non sia un film perfetto, a tratti troppo fragile strutturalmente, Incompresa riesce comunque a colpire lo spettatore, rivelandone, attraverso momenti di pura verità, il suo lato più universale, quello di vita vissuta, di esperienze che, nel bene o nel male, qualsiasi ragazzino ha vissuto (litigate dei genitori, bisogno di sentirsi più grande, trovare il fidanzatino, farsi accettare, attaccare sul diario i ritagli di Cioè o Ciak, ecc..).
Il tutto riesce anche grazie ad un’ottima Giulia Salerno, così vera e piena di energie che riesce a parlare allo spettatore anche solo sgranando gli occhi.
Incompresa è un film che, con una sceneggiatura lineare senza troppi picchi, ci regala la verità dietro la ribalta, le emozioni dure e crude di una vita in cui manca l’amore, dove ci si maschera per dimostrarsi forti, mentre dentro le ferite del passato ancora, a volte, fanno male.
Sara Prian