1303 – Recensione
L’estate si sa, è tempo di horror, magari anche di qualche anno fa che la distribuzione ripesca dalle uscite americane e propone al pubblico italiano poco incline ad andare al cinema con la bella stagione. Ma se a volte ci scappa qualche piccola chicca, non è sicuramente il caso di questo 1303 di Michael Taverna, che diventa il film di genere meno pauroso della storia, dove tutto sfiora il ridicolo se non il trash grottesco.
Janet (Julianne Michelle) lascia la sua famiglia e si trasferisce a vivere da sola. Durante la prima notte nella sua nuova casa, però, qualcosa di soprannaturale sembra impadronirsi dell’appartamento.
Non bastano corridoi alla Shining o una stanza alla Oculus per creare terrore e claustrofobia, dietro ci vuole anche una sceneggiatura solida e degli effetti speciali almeno decenti, per riuscire a creare almeno un po’ d’inquietudine.
In 1303 tutto, invece, appare prevedibile, ogni momento di ‘spavento’ telefonato e la tensione non si percepisce mai davvero, sicuramente nemmeno aiutata dalla recitazione fastidiosa e poco credibile di Julianne Michelle, che nel giro di qualche ora va completamente in panico nel suo nuovo appartamento, con delle reazioni che possiamo tranquillamente definire imbarazzanti.
Taverna, infatti, non lascia nemmeno il tempo a Janet di ambientarsi, ma le scaglia subito contro demoni, fantasmi e freaks, che la fanno impazzire e che se da una parte ha il merito di non perdersi in inutili introduzioni, dall’altra fa risultare il tutto ancora meno credibile, lì dove la pellicola non riesce nemmeno a trasportare emotivamente.
E se non bastasse lei si aggiunge anche la sorella Micha Barton, che sebbene migliori leggermente la tenuta almeno della credibilità della storia, dall’altro il senso di noia e quello di prevedibilità continuano a farla da padroni, soprattutto se si pensa che questo 1303 è un riadattamento di un capolavoro giapponese diretto da Ataru Oikawa.
Il film di Michael Taverna è una pellicola goffa, mal riuscita, superflua in ogni suo elemento, dove gli sviluppi banali tanto quanto improbabili, con la recitazione vicina all’assurdo grazie a dialoghi quasi senza senso e un demone che invece di far paura ci fa scattare una risata, ci regalano il film più brutto e mal riuscito, probabilmente, dell’anno.
Sara Prian