2047 – Sights of Death – Recensione
Con 2047-Sight of Death, i mercenari ci sono, ma non sono quelli di Silvester Stallone, il regista italiano Alessandro Capone, con la sua particolare pellicola ha infatti messo in campo un team di tutto rispetto (con vecchie glorie alcune appartenenti al mondo di Tarantino), per un film che stupisce quasi solamente dal punto di vista visivo, ma che non convince per la troppa carne al fuoco, per i cliché narrativi e per una regia contenuta e troppo statica, visto il genere.
2047, il mondo è in mano ad un governo confederato centrale che stermina chiunque cerchi di opporsi. Appartenente all’organizzazione ribelle GreenWar, l’agente Ryan Willburn (Stephen Baldwin), incaricato da Sponge (Danny Glover), ha il compito di raccogliere prove sufficienti per inchiodare l’esercito governativo, presunto colpevole di terribili genocidi. La sopravvissuta Tuag (Neva Leoni) cercherà di aiutare Ryan, mentre lo spietato colonnello Asimov (Rutger Hauer), il maggiore Anderson (Daryl Hannah) e il mercenario Lobo (Michael Madsen) gli renderanno la missione molto più difficile del previsto.
Alessandro Capone e gli sceneggiatori Tommaso Agnese e Luca D’Alisera firmano un film ‘’uno contro tutti’’, ambientato in un universo distopico e cioè la Terra fra circa trent’anni, un sistema che di per sé appare invariato, dove il protagonista cerca ancora di liberare il mondo da uno strapotere: un governo centralizzato.
Trama molto semplice quindi: c’è un unico buono, con una aiutante muta, sopravvissuta ad uno dei tanti genocidi e dall’altra parte un esercito di cattivi che continua a combattere. Un’abbondanza di cliché quella che riempie gli ottanta minuti della pellicola, un lasso di tempo fin troppo prolungato, per un film che si sarebbe potuto esprimere meglio con una durata più breve.
A nulla serve la presenza di un cast come questo: direttamente dal classico della fantascienza Blade Runner (1982), Rutger Hauer e Daryl Hannah, una delle presenze del mondo tarantiniano come la iena, Michael Madsen, anch’egli presente, per non parlare di Danny Glover e Stephen Baldwin de I soliti sospetti (1995). Nemmeno l’insieme contribuisce a ‘’salvare’’ il film, che è dotato di una sceneggiatura fin troppo banale e di un ritmo zoppicante.
Da uno sci-fi a colpi di armi, eserciti e temibili colonelli, si fa per dire, ci si aspettava molto di più. Essendo una pellicola d’intrattenimento, l’azione, sparatorie e qualsivoglia forma di effettivo movimento dovrebbero prendere il sopravvento, in 2047 – Sights of Death invece, regia e messa in scena sono troppo statiche, i dialoghi sono fin troppi e l’azione sembra essere data solamente dagli effetti speciali.
Di valore solamente da un punto di vista visivo, il film di Alessandro Capone, risulta quindi un esperimento poco riuscito, che vuole imitare il cinema d’oltreoceano con la paura di strafare, ma senza colpire particolarmente. Indipendenza ed economia di mezzi, certo, ma quella di action, non è concessa.
Alice Bianco