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Chef – La ricetta perfetta – Recensione

Siamo di nuovo in cucina tra chef e fornelli, impiattamenti e menu speciali. Ma questa volta le cose prendono una strada un po’ diversa.
La storia di Chef – La ricetta perfetta è quella di Carl Casper (Jon Favreau), cuoco creativo di un famoso ristorante di Los Angeles. Un giorno il critico gastronomico Ramsey Michel decide di testare la cucina del locale e Carl pensa per lui un menu innovativo. Ma si scontra con Riva, il proprietario del ristorante che è irremovibile: lo chef deve preparare lo stesso menu collaudato da tanti anni. Il critico lo assaggia e scrive una sonora stroncatura sul suo blog. Dopo un infuocato scambio di tweet, Carl prende di petto il critico dando sfogo a tutta la sua rabbia. In breve tempo, la lite diventa un video virale in rete. Rifiutandosi di compromettere la sua libertà creativa ai voleri del proprietario del ristorante, Carl perde il lavoro. Decide così di accompagnare a Miami la sua ex moglie e suo figlio Percy. Lì lo chef decide di ricominciare da zero e, dopo aver rimesso a nuovo un vecchio chiosco ambulante, si mette a cucinare e vendere street food con l’aiuto del suo migliore amico e di suo figlio. Spostandosi da Miami a New Orleans fino al Texas, ritrova la passione per la cucina, il contatto con la gente e l’entusiasmo per la vita.
L’arte culinaria è di nuovo in scena ma questa volta è arricchita di una spiccata valenza metaforica: il talento in cucina come simbolo della creatività in senso lato. Quel difficile equilibrio tra l’estro personale del singolo e le dure leggi del mercato è dato in pasto allo spettatore fin dalle prime scene. E fin qui nulla di nuovo.
Ma poi entra in gioco la voglia di riscatto personale, e qui si cambia strada, letteralmente.
Dopo una prima parte ambientata tra cucine di ristoranti prestigiosi e liti con critici saccenti, dove si concentrano alcune tra le tante illustri partecipazioni del film (Scarlett Johansson, Dustin Hoffman, Sofia Vergara), il film si tramuta in un vero road movie dal forte sapore di cibo cubano.
Ma c’è di più. Lo stretto legame che unisce la storia del protagonista alla reale carriera hollywoodiana del poliedrico protagonista-regista-sceneneggiatore è evidente. Jon Favreau è uno strano animale nella mecca del cinema: produttore, sceneggiatore, attore in moltissimi film e serie TV, regista capace di passare da mega-produzioni di successo come Iron Man (capitoli 1 e 2) a giocattoloni meno riusciti come il western fantascientifico Cowboys & Aliens.
Come lo chef Carl, anche il cineasta Jon decide qui di ricominciare da zero. Abbandonando le grandi produzioni hollywoodiane, Favreau torna a qualcosa di più piccolo e molto più “genuino”.
E sforna una gustosa commedia indipendente, condita da interessanti frecciatine, prima fra tutte quella sull’uso delle nuove tecnologie che accompagna tutto il film. La mania di comunicare e postare tutto (ma proprio tutto) quello che accade nelle nostre vite tramite l’uso smodato di smartphone e tablet attraverso canali come Twitter, Facebook, Instagram è ben simboleggiata dal figlio del protagonista, un ragazzino che “messaggia”, “twitta”, “posta”, condivide qualsiasi cosa sui social network alla velocità della luce. E così l’arma a doppio taglio di questo circolo di informazioni che viaggia e contagia migliaia di persone in pochi istanti è mostrata nella sua duplice faccia: da un lato nel suo potere di moltiplicare a livello planetario gaffe e brutte figure, dall’altro nella sua capacità di creare gruppi, comunità e quindi lanciare mode (e riempire le casse di un Food Truck con un semplice passaparola postato in rete).
E quella tirata contro il critico gastronomico troppo “criticone” lascia davvero il sospetto che Favreau la urli anche contro qualche altro tipo di critico.
Riflessioni meta-cinematografiche a parte, il film si presenta comunque come una commedia per tutti i palati, soprattutto per quelli delle famiglie (la scena finale è un sigillo un po’ troppo zuccheroso a un film brioso fino a un paio di minuti prima).
La parata di stelle contribuisce a rendere appetitoso il menu: e se una Scarlett Johansson versione mora nei panni di una supersexy direttrice di sala di un elegante ristorante losangelino, una Sofia Vegara in quelli di ex moglie altrettanto sexy e un Dustin Hoffman nel ruolo del dispotico proprietario del suddetto ristorante non vi bastano, aggiungete pure un John Leguizamo pirotecnico aiuto-chef  e mago del cibo cubano take-away, un Oliver Platt critico “criticone” e soprattutto un Robert Downey Jr. esilarante e pazzoide protagonista di una delle scene più divertenti del film. 
Il visetto vispo del giovanissimo Emjay Anthony nel ruolo del tecnologico figlioletto del protagonista è la giusta glassa sopra il piatto.
Una colonna sonora piena di ritmi jazz, blues e cubani (occhio, anzi orecchio, a quella nuovissima versione di “Sexual Healing”) aggiunge il giusto ritmo all’avventura gastronomico-sentimentale a base di piastre imburrate e sfrigolanti in attesa dell’ipercalorico Cubano Sandwich da tostare.

Elena Bartoni
 

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