007 Spectre – Recensione
“I morti sono vivi”. Su questa fulminante affermazione si apre Spectre, capitolo numero 24 dell’immortale saga dedicata all’agente segreto ‘doppio zero’ più famoso del mondo.
La morte aleggia per tutta la bellissima sequenza iniziale del film, girata nel pieno di un corteo per il Giorno dei Morti a Città del Messico. E quella frase iniziale acquista un senso sempre più ampio durante tutta la pellicola (ma dei nessi di questo ultimo Bond con il mondo dei morti non vogliamo svelare di più).
Dopo l’incipit nella metropoli messicana, come ormai d’abitudine, ecco la sequenza dei titoli di testa accompagnati dal bel brano “Writing’s on the Wall” di Sam Smith. Immagini liquide e sinuose, fotografia dai toni del giallo e dell’oro, richiami al mondo dell’aldilà, ai morti che… sono vivi, appunto.
Già nel precedente Skyfall Sam Mendes aveva mostrato morte e resurrezione di un mito, fino a far scendere Bond nei meandri oscuri dei ricordi della sua infanzia. Questa volta il regista da di più, rispolverando il passato del suo agente, fin dal titolo, Spectre. Ed ecco le Aston Martin, il Vodka Martini, lo smoking bianco, i viaggi su treni dall’atmosfera retrò.
Nello spettacolare incipit, indossando una maschera da teschio e con uno scheletro disegnato sul retro del suo elegante abito scuro, Bond sfila per le strade della capitale messicana per poi salire su un tetto e uccidere l’italiano Marco Sciarra, un terrorista legato alla Specre, misteriosa organizzazione criminale. L’intervento era stato ordinato a Bond dalla defunta M in un video. Ma questa azzardata iniziativa mette 007 in cattiva luce agli occhi del nuovo M, Gareth Mallory (Ralph Fiennes) ma soprattutto di Max Denbigh, membro del governo britannico che vuole innovare l’MI6 eliminando i vecchi agenti ‘doppio zero’ per usare nuove tecnologie “multi-occhi” per controllare il globo. Sollevato dai suoi incarichi ufficiali, Bond continua la sua indagine da solo, ma con l’aiuto dei fedeli G e Miss Moneypenny. E così 007 si reca a Roma dove prende parte al funerale di Sciarra e prende contatto con la vedova dell’uomo, Lucia (Monica Bellucci): capisce che dietro alla nuova strategia mondiale del terrore c’è proprio la Spectre. Sulle Alpi austriache Bond ritrova una vecchia conoscenza, Mr. White, che gli affida le sorti della figlia in pericolo, Madeleine Swann (Léa Seydoux). Mentre protegge la giovane donna da alcuni loschi figuri della Spectre, 007 risale al capo dell’organizzazione criminale, il sadico Franz Oberhauser (Christoph Waltz).
E’ proprio qui, nel villain di turno, la chiave di lettura del nuovo James Bond e insieme il legame col precedente Skyfall. Questo nuovo capitolo, Spectre, continua infatti lo scavo nel passato dell’agente 007: un uomo (prima che un agente) sempre più pensoso, malinconico, sofferente di un forte disagio interiore. Ed ecco ancora i misteri del passato di eredità paterne tutte da stanare, ecco un eroe dalla psicologia ancora da sondare. E ancora, ecco la lotta tra ‘antico’ e ‘moderno’, tra Mallory e Bond da un lato e Max Denbigh dall’altro, tra vecchi e nuovi metodi, tra gli agenti ‘sul campo’ e nuovi occhi ipertecnologici, in tempi di eccessi da voyeurismi informatici.
E tra passato e presente, (soprav)vive il moderno James Bond del sempre più convincente Daniel Craig (alla sua quarta volta nei panni di 007), un uomo capace di fronteggiare i fantasmi del passato, il dolore delle perdite (la Vesper Lynd di Casino Royale prima di tutto) e di maturare anche nel suo rapporto con le donne, non più mero oggetto di piacere ma presenza decisiva che spinge a compiere scelte controcorrente (ancora vita e morte).
Il nuovo 007 di Mendes è (anche) un’analisi psicoanalitica di un personaggio dalla grande interiorità e dall’irrisolto passato. Spectre è quindi un film complesso, stratificato, ricco di simboli, ma anche un blockbuster rutilante, divertente, senza un attimo di tregua. Solo un maestro come Sam Mendes poteva riuscire ancora una volta a tenere il timone della nave, unendo alto e basso, citazioni cinefile e sequenze adrenaliniche, introspezione ed evasione, riflessione e spettacolo.
Merito anche e soprattutto di Daniel Craig, attore capace di unire sex appeal e umana sofferenza, questa volta senza mostrare mai i suoi famosi bicipiti ma indossando elegantemente tanto uno smoking quanto un piumino da neve. Convincenti gli interpreti dei personaggi di contorno, dai già noti Ralph Fiennes (M), Ben Whisahw (Q) e Naomie Harris (Moneypenny), fino al nuovo ‘cattivo’ cui Christoph Waltz offre il volto.
Perfetta la scelta delle due presenze femminili, emblemi di due generazioni e di due tipi di bellezza, la bruna e mediterranea ‘Bond Lady’ Monica Bellucci e la bionda francese ‘Bond Girl’ Léa Seydoux.
Il nuovo 007 di Spectre riesce ad essere un omaggio a un pezzo di storia del cinema e allo stesso tempo a guardare avanti (si, anche se al posto del classico Vodka Martini portano a Bond un centrifugato di verdure), a un futuro incerto, chiudendo un’ideale quadrilogia (quella interpretata da Craig) incentrata sullo ‘spettro’ della morte e su un eroe più umano alle prese coi fantasmi della sua vita.
Cosa chiedere di più alla rifondazione di un mito?
Elena Bartoni