11 Minuti – Recensione
Storie di vita che si intrecciano, punti di vista diversi, angolazioni differenti, tensione, azione e uno stile registico che nulla ha da invidiare ai film dello stesso genere americani. 11 minuti del maestro polacco Jerzj Skolimovski, ha la capacità di incollare allo schermo lo spettatore con un’originalità della costruzione e un messaggio finale tutto esistenziale.
11 minuti vede protagonisti diversi personaggi, con problemi e vite diverse. Il tempo del titolo è quello in cui si protraggono le vicende, pochi minuti in cui tra le strade di una Varsavia moderna un presunto regista, un venditore di hot dog, delle suore, un marito geloso, uno spacciatore, un operaio, un’attrice e una ragazza che passeggia con il suo cane, si muovono, si passano accanto e alla fine si incontrano.
Dopo aver vinto il Gran premio della giuria al Festival di Venezia con Essential Killing (2010) e una Coppa Volpi come miglior attore al protagonista Vincent Gallo, Skolimovski ritorna in laguna con un film sensazionale, che si costruisce man mano, in grado di mantenere alta la tensione e con un ritmo scandito da una colonna sonora altisonante, rumori fastidiosi che si impongono in scena e storie di vita quotidiane che danno modo allo spettatore di entrare in empatia con i personaggi.
L’individualismo iniziale di ognuno di essi, l’amatorialita’ delle prime scene, lascia pian piano lo spazio alla globalità, ai rapporti e alle relazioni umane. La tecnologia è presente, ma in forma ridotta: orologi, cellulari, videocamere hanno la funzione di scandire i minuti e sottolineare la brevità dell’esistenza.
Il messaggio di fondo finale è proprio questo: la vita può cambiare in un attimo ed è inutile lottare contro il destino, impossibile evitarlo. Attraverso vari punti di vista, attimi uguali vissuti in modo diverso da ognuno dei personaggi, il regista dà vita ad una narrazione solo all’apparenza articolata, che coinvolge appieno lo spettatore facendolo immaginare e allo stesso tempo guidandolo tra i meandri di un ottimo montaggio, che dona uguale spazio e tempo ad ogni punto di vista.
Scelte registiche tutt’altro che scontate, una costruzione non molto complessa della storia e personaggi creati ad hoc con diversa personalità e scopi, 11 minuti è la rivelazione di questo Festival, che ha messo d’accordo un po’ tutti grazie alla sua fattura e all’adrenalina che esercita.
Skolimovski durante la conferenza stampa ha affermato di essere partito dalla fine per dar vita alla storia e la sua potenza è proprio rappresentata dal crescendo, fino al climax finale, spiazzante ed allo stesso tempo elettrizzante, che fa di 11 minuti un film da non perdere è che nulla ha da invidiare ai cugini d’oltreoceano.
Alice Bianco