Ameluk – Recensione
Dopo numerosi corti, Mimmo Mancini debutta alla regia di un lungometraggio scrivendone anche la sceneggiatura e lo fa mettendo in scena una pellicola di finzione, ma ben radicata alla realtà e alla quotidianità di oggi.
La storia è ambientata in Puglia, Jusuf (Mehdi Mahdloo Torkaman), immigrato di origini giordane vive infatti a Bitonto, lavora in un Internet point e ha sposato la bella del paese, Maria (Claudia Lerro), da cui ha avuto un figlio. Il loro rapporto però è teso e Jusuf si attira le antipatie di Mezzasoma (Mimmo Mancini), politico razzista e con un debole per Maria. Quando arriva il momento di mettere in scena la Via Crucis del Venerdì Santo, il parrucchiere Michele (Paolo Sassanelli), che interpreta Gesù, è costretto ad abbandonare la scena e il parroco chiama proprio Jusuf a sostituire l’infortunato. L’uomo però è musulmano e la comunità come reagirà a questa sostituzione?
Di certo non bene. È infatti proprio la figura dello straniero e per giunta di religione musulmana che qui diventa capro espiatorio, causa di tutti i mali della comunità, additato e giudicato solamente perché di origini e credo diversi da quelli del resto della popolazione.
Ed è così, prendendo come spunto uno degli episodi della spiritualità cristiana e delle tradizioni ad essa legate, che Mancini ha deciso di sviluppare la pellicola, ponendo l’attenzione sui pregiudizi etnici e religiosi e l’integrazione.
La Puglia caput mundi si fa portavoce dell’intera nazione e fra tradizione e modernità espone chiaramente le proprie idee. Inizialmente la cittadina è divisa, come tutta l’Italia, tra una sinistra moderna, anglofona ed intangibile, una destra nazionalista e altrettanto poco credibile ed una terza fazione che si distacca da esse.
In mezzo a questo marasma politico ed ideologico, si inserisce la figura di Jusuf, il film infatti, grazie alla presenza del protagonista e del ruolo che va ad interpretare nella processione religiosa, riesce a trasmettere il pensiero con il quale probabilmente è nato: abbattere gli ostacoli (pregiudizi e preconcetti) che minano il rapporto fra autoctoni e stranieri.
Mancini ha deciso di servirsi della commedia e della componente umoristica per far breccia nello spettatore ed imporre proprio questo pensiero. Aiutato da un ottimo cast e con un’interpretazione eccellente anche da parte sua (Mezzasoma), ha fatto dell’ironia circa la politica locale, riuscendo a donare giustizia al sottotitolo del film, “potrebbe essere una storia vera” e non solo, facendo anche riflettere lo spettatore, un ottimo stratagemma questo, per inviare il messaggio: è ora di vederla diversamente, perché differente non vuol dire necessariamente qualcosa di negativo.
Alice Bianco