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AmeriQua – Recensione

Ogni qual volta che un regista straniero decide di girare un film nel nostro paese o che parla dell’Italia, iniziano a spuntare i patriottismi uniti ad un pizzico di curiosità: chissà come ci idealizzano oltre i confini.

Ci aveva già pensato WoodyAllen con il suo “To Rome With Love”, stroncato da una critica forse un po’ troppo campanilista e ci riprova oggi Bobby Kennedy III, nipote del senatore Robert, alla sua opera prima con “AmeriQua”.

La storia è ispirata a quella realmente vissuta dal giovane regista quando era studente a Bologna e nel creare questa pellicola ha deciso anche di metterci la faccia come protagonista, al fianco della nostrana Alessandra Mastronardi e ad una guest star d’eccezione come Alec Baldwin (curiosamente figuravano entambi anche nel cast di Allen).

Charlie è un laureando pigro i cui genitori hanno tagliato i fondi, donandogli solo un ultimo assegno da 5000 dollari ed un avviso: devi cominciare a vivere una vita autonoma e responsabile. Il ragazzo, invece, decide di comprare un biglietto aereo per l’Italia, dove viene subito derubato e finisce per dormire dall’amico Lele. L’amico insegnerà a Charlie le strategie per corteggiare le donne di Bologna. Ma la vita non è tutta divertimento e il giovane si ritroverà, per caso, in mezzo a due boss, finendo in un mare di guai.

Pizza, mandolini e mafia sono gli stereotipi italiani che ritroviamo, volutamente in questa pellicola che, detta dal regista stesso, voleva mettere in luce proprio gli elementi classici che gli americani, e non solo, vedono dell’Italia.

E se su questa dichiarazione si può anche sorvolare, su tutto il resto c’è da ridire. A partire dalla classica fotografia da cartolina così tanto criticata in Woody Allen, qui è addirittura ostentata fino a dar noia. In più se si voleva mostrare com’è l’Italia davvero non si può popolare la pellicola di personaggi che sono solamente scansafatiche, ladruncoli da quattro soldi o parolieri, la maggior parte pure doppiati malamente. Una carrellata del peggio dell’italiano che corre sempre dietro alle belle donne e le conquista grazie alla sua innata propensione per la bugia.

Superamento, quindi, del cliché che manca completamente, in una sceneggiatura che sembra più un accozzaglia di ricordi del giovane Bobby e della sua esperienza, più di un film che cerca di elevarsi, con difficoltà, dal livello amatoriale.

Di positivo c’è l’affetto che traspare dalla pellicola da parte del regista verso l’Italia e Bologna che è stata la sua casa per quattro anni e l’idea di un college movie, stile American Pie, all’italiana non era poi così male se fosse stata sviluppata nel modo corretto.

Almeno questo “AmeriQua” farà rivalutare a molti il film di Woody Allen che, al confronto, sembrerà uno studio attento sull’Italia di oggi.

Sara Prian

 

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