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Amitiés sincères – Recensione in anteprima

La verità, solo quella, nient’altro che quella. La parola d’ordine del protagonista, anzi, il fil rouge di tutto il film. Il titolo la dice già lunga su verità e bugie, Amitiés sincères, commedia corale agrodolce che indaga con un misto di leggerezza e profondità il mondo dell’amicizia, presentata in anteprima alla rassegna romana “Rendez-vous” sul nuovo cinema francese.
Tutto ruota attorno a Walter (Gérard Lanvin) proprietario di un ristorante (in cerca della sua prima stella Michelin) amante del mare, della pesca, della buona cucina e del buon vino. L’uomo ha un legame molto stretto coi suoi due amici, Jacques (Wladimir Jordanoff) e Paul (Jean-Hugues Anglade) ma soprattutto darebbe qualsiasi cosa che ha per la figlia Clémence (Ana Girardot), studentessa laureanda. Walter detesta le menzogne, è convinto che vada sempre detta tutta la verità ed è fiero di non avere nessun segreto coi suoi amici. Ma in realtà quelle che crede amicizie sincere non sono affatto. Proprio quando Jacques si candida alle elezioni municipali e Clémence si sta per laureare, il rapporto di amicizia tra i tre uomini rischia di andare definitivamente in crisi a causa di pesanti segreti a lungo nascosti.
Un iceberg, un grande blocco di ghiaccio con una piccola parte emersa e un fondo nascosto, marcio sotto, come si dice in apertura: è l’immagine-simbolo del film, un gigante per gran parte celato negli abissi. Il grande romanziere Ernest Hemingway prese l’enorme blocco di ghiaccio per elaborare il cosiddetto “principio dell’iceberg” con il quale afferma che è uno scrittore dovrebbe svelare solo1/8 di una storia, lasciando intuire i restanti 7/8 sommersi. E proprio qui starebbe la bravura del narratore.
E proprio un iceberg gigantesco è l’immagine che rappresenta meglio il protagonista del film, un uomo che si è accontentato per una vita di vedere solo la superficie delle cose e che, proprio in una scena clou, viene invitato dall’ex moglie a cercare meglio.
“Tuffati”, gli dice la donna, “cerca cosa c’è sotto”. A questo punto e solo a questo punto, dopo aver impattato con pesanti verità, l’uomo si accorge di essere stato concentrato solo su sé stesso per anni e di non aver mai davvero ascoltato chi gli stava intorno. Solo accettando le verità che rifiutava di vedere (lui ossessionato dalla sincerità ha vissuto in un mondo fatto di menzogne e di piacevoli abitudini), potrà trovare la serenità. Bella lezione di vita, nulla da dire.
Diretto da Stéphan Archinard e François Prévôt-Leygonie, il film trasferisce sul grande schermo una pièce teatrale scritta dai due stessi registi, commedia “umana” e ritratto di un uomo che insieme ai suoi due amici è l’emblema di una generazione in crisi, alle prese con uno smarrimento dei valori tradizionali: famiglia prima di tutto, ma anche amicizia, paternità, credo politico (la storia dell’amico candidato alle elezioni, Jacques, e dei suoi “adattamenti” alla politica odierna è emblematica in questo senso).
I due registi citano chiaramente il grande Claude Sautet e le mezze tinte dolci-amare del suo Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre (in originale Vincent, François, Paul et les autres), opera corale capace di dipingere alla perfezione i legami tra le persone, le inquietudini degli ambienti borghesi, ma certamente irraggiungibile nelle sue finezze di sceneggiatura e regia.  
Il film resta comunque piacevole (come quei puntuali pranzetti innaffiati da vini d’annata nella libreria di uno dei tre amici), ben recitato e ben scritto. In fin dei conti è una storia che racconta la vita, così com’è, con autenticità e naturalezza (le qualità preferite proprio da Sautet), tra verità difficili da accettare e menzogne comode comode sulle quali tutti, prima o poi, siamo tentati di adagiarci. Ma la verità, ahimè, aiuta a crescere.
E l’invito a tuffarsi per vedere la parte immersa dell’iceberg è rivolto a tutti.

Elena Bartoni
 

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