Andiamo a quel paese – Recensione
Torna nelle sale il popolare duo comico siculo, anche responsabile di sceneggiatura e regia. Li ritroviamo nei panni di due amici per la pelle, Salvo (Salvatore Ficarra) e Valentino (Valentino Picone), schiacciati da disoccupazione e problemi economici. I disgraziati decidono di lasciare Palermo e trasferirsi al paese di origine, Monteferro, dove la vita costa meno e le opportunità sono maggiori. Tali occasioni sono invero costituite dai numerosi anziani del luogo, muniti di laute pensioni. Le “pensate” di Salvo provocheranno guai ed equivoci a catena, anche di natura amorosa. Lasciamo perdere il presunto cinismo funebre delle premesse, trattandosi di un pretesto all’acqua di rose e, negli sviluppi, catalogabile a stento come satirico. Ne esce semmai una critica bonaria contro l’ipocrisia moralistica ed il culto delle apparenze, sottolineato da un colpo di scena finale abbastanza riuscito. E’ però superfluo parlare di spunti, essendo sprecati e tirati via al pari di tutto il film. Ficarra e Picone si affidano infatti ad una immediatezza di fruizione situata al livello zero della scrittura registica, andando sul facile senza ritegno. Nelle battute e nelle gag come nei tormentoni, questi ultimi in particolare afflitti da stanchezza cronica e ripetizioni a vuoto. La prevalenza delle macchiette sui personaggi e la frettolosità con cui le situazioni ci vengono propinate (già in partenza siamo proiettati in media res alla velocità del suono!) completano una cornice che più raffazzonata non si potrebbe. Se il risultato non sprofonda nella noia soporifera lo si deve unicamente al brio vitale di fondo, al quale contribuiscono gli interpreti secondari, e ad un ritmo mai discontinuo. Ficarra gigioneggia al limite del sopportabile, meglio un Picone capace se non altro di umanità e sfumature. Degli altri si fanno notare un ottimo Francesco Paolantoni ed il bravissimo Mariano Rigillo, quest’ultimo simile ad un corpo estraneo. Inutile, per quanto assai simpatica, la presenza di Nino Frassica. Poche risate, molta superficialità, ad eccezione dello sketch prima dei titoli di coda. Il botteghino, al solito, potrà dare opposto giudizio.