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Angry Games – La ragazza con l’uccello di fuoco – Recensione

Era inevitabile: quando una saga ha successo ecco che arriva immediatamente la sua parodia. Ma nonostante lo stanco franchise di Scary Movie, diventato ormai parodia di se stesso, “Angry Games: la ragazza con l’uccello di fuoco” sorprende, dimostrandosi con ironia e sarcasmo intelligente nella sua critica sociale tanto quanto Hunger Games.

Kantmiss Evershot (Maiara Walsh) viene scelta assieme al suo compagno di distretto Peter Malarkey (Cody Christian) per partecipare ai prossimi Starving Games, una gara all’ultimo sangue dove ne rimarrà vivo soltanto uno. Tra un combattimento fortuito, attacchi dagli angy birds e dei mercenari, i nostri eroi arriveranno a rimanere gli unici due in vita, con le bacche avvelenate pronti a farli fuori entrambi, ma qualcosa non andrà come nei veri Hunger Games.

L’approccio a questo genere di film, ormai, è sempre lo stesso: si guarda, sperando che le gag finiscano presto perché sa tutto di già visto. Invece i registi Jason Friedberg e Aaron Seltzer, questa volta sembrano riportare in vita lo spirito del primissimo Scary Movie, quello che ci aveva fatto ridere davvero di gusto.

Anche in “Angry Games” le battute idiote si sprecano, la volgarità c’è, ma contenuta e accettabile, mentre sorprendentemente il film sembra prendere esempio dal suo originale inserendo anche una critica sociale che non ti aspetteresti.

Se il franchise di Suzanne Collins mira a criticare l’oppressione politica di una società portata allo stremo, “Angry Games” critica con la sua solita irriverente ironia la società del consumismo e la manipolazione dei mass media nell’immaginario delle persone.

C’è una scena molto significativa (fa strano solo pensarlo che in un film del genere ci possa essere ed invece c’è eccome) in cui il Gale di turno, qui chiamato Dale, stufo di vedere i soprusi durante i giochi incita i suoi concittadini alla rivoluzione, ma appena sullo schermo Capitol City manda le immagini di un panino super farcito ecco che tutti si ritrovano imbambolati davanti alla televisione, dimenticandosi i loro buoni propositi. Questa sequenza ben identifica lo spirito di questi particolari Starving Games, dove tutto è ostentatamente finto, dove non esiste l’Arena ma uno studio televisivo, dove appena finite le riprese tutti tornano amici, mentre la popolazione continua ad essere distratta dal potere della televisione e dimentica i proprio problemi.

Consumismo in primis e lo si capisce già dal titolo americano “The Starving Games”, i giochi di chi sta morendo di fame, ma lo si intuisce anche dal continuo cambiamento di barba di Seleca che una volta ha il logo della Nike, quella dopo di Starbucks e quella dopo ancora del Mc Donald’s. Anche gli stessi giochi vengono guidati da lui aiutato da Siri, la voce guida dell’ iPhone, mentre il presidente Snowball segue tutto dal suo personale iPad e la popolazione twitta a più non posso.

Ironia e battute continue, situazione al limite dell’assurdo con guest star che partono da una finta Taylor Swift che racconta alla fake Rue come sta morendo, passando per i Mercenari fino agli Avengers che vogliono reclutare Kantmiss; il tutto farcito da simpatici attori tra cui spicca la sorprendente Maiara Walsh che imita anche il tono di voce di Jennifer Lawrence e le sue espressioni.

“Angry Games” è una di quelle poche parodie che merita di essere vista, non solo perché strappa sorrisi sinceri, ma perché ci mette davanti all’assurdità della società del consumismo.

Sara Prian

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