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Annie Parker – Recensione

Raccontare una storia dolorosa, vera e fatta di sentimenti e voglia di farcela, non è facile, ma il regista di Annie Parker, Steven Bernstein, con uno spiccato tocco femminile, curato e divertente è riuscito a dar vita ad una pellicola intrisa di umorismo nero e speranza, con una Samantha Morton ben calata nei suoi panni, perfetta portavoce della vera Annie Parker e della sua lotta per la vita.

Il film è un viaggio a ritroso negli anni ’60, fino ai primi del ‘90. Annie (Samantha Morton) bambina, assieme alla sorella maggiore Joan (Marley Shelton), vede morire la madre per un tumore al seno e vent’anni dopo, la sorella se ne va a causa dello stesso male. Annie diventa ossessionata dall’idea che possa toccarle la stessa sorte e a 29 anni, scopre con l’autopalpazione di avere un nodulo al seno sinistro. Inizia così un lungo calvario. Combatte contro il tumore e affinché la medicina creda nella teoria della possibile esistenza di un fattore ereditario per certi tipi di cancro, studio che in parallelo compì anche la dottoressa Mary-Claire King (Helen Hunt).

“La mia vita era una commedia. Dovevo solo imparare a ridere”, questa la frase detta da Annie per raccontare brevemente quel patimento, narrato tappa dopo tappa, in un docu-film ben strutturato, che fa leva sulle emozioni, ma che si impegna a narrare anche un fatto storico.

Biopic diverso dagli altri, Annie Parker racconta la lotta della protagonista, ma non solo, bensì quella di più donne e della dottoressa King, per affermare una convinzione, un’idea e un progetto rivoluzionario, che permise e ancora lo fa, di aiutare prevalentemente a capire il perché di questo “male”.

Non mollare mai, questo il motto che traspare, un messaggio forte che anche la pellicola riesce a sostenere, grazie ad un ritmo costante e ad un registro ironico che sdrammatizza le situazioni difficili e gli dà un tocco particolare. L’occhio di Bernstein, ex direttore della fotografia, si sente, ma certo alcuni difetti il film li ha.

Nonostante una buona fluidità del racconto infatti, è il montaggio irregolare la prima cosa che si nota, con numerosi jump cut che creano discontinuità. Certo, questa tecnica potrebbe essere stata utilizzata per dimostrare il decorso della malattia e, in contrapposizione, il lento avanzare delle scoperte mediche, sta di fatto però che questo e le pessime scelte in ambito costumi e “trucco e parrucco”, rappresentino il tallone d’Achille del film.

Difficile giudicarlo nel complesso. Se infatti da un punto di vista sociale sia significativo, nonostante la grande interpretazione della Morton, dal punto di vista filmico invece, Annie Parker non spicca tra le pellicole della settimana, povero di regia e potente solamente nel messaggio che indirizza a tutti. Un prodotto indipendente che certo non godrà di molto successo, ma che rimarrà strettamente di nicchia e utile a scopi medici.

Alice Bianco

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