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Another Me – Recensione

La regista spagnola Isabel Coixet porta in concorso al Festival del Film di Roma il suo ultimo film, Another Me una sorta di anomalo thriller-noir interpretato dalla giovane attrice Sophie Turner (che ha conquistato notorietà con il personaggio di Sansa Stark nella serie tv di successo Il trono di spade) e da una serie di illustri comprimari.
La pellicola, ambientata in Galles, racconta la storia di Fay un’adolescente che all’improvviso inizia a sentirsi perseguitata da un misterioso doppio, una ragazza identica a lei di cui avverte la presenza incombente e che cerca di rubarle non solo l’identità ma anche la sua vita.
Tratto dall’omonimo romanzo per adolescenti scritto da Cathy MacPhail, il film della Coixet è strana creatura. Un thriller psicologico? Un noir? Una ghost story? Tutto questo e anche altro, frullato insieme in un film poco riuscito, a cominciare dal tema portante. Il doppio (gemellare per giunta) che perseguita la protagonista è un argomento troppo abusato per cercare di renderlo ancora materiale interessante per una pellicola. Ma i guai peggiori vengono quando questo misterioso doppio viene inserito in una storia dove, in quanto a luoghi comuni, sembra non mancare nulla, come nel più trito film televisivo. Ed ecco nell’ordine, un padre malato (di sclerosi multipla per giunta), una mamma ancora giovane e bella che si trova un giovane amante (proprio tra gli insegnanti della figlia), un’anziana vicina di casa un po’ troppo spaventata dagli ascensori (forse non a torto), una recita scolastica di “Macbeth” (alla protagonista, naturalmente tocca il ruolo di Lady Macbeth), una compagna di scuola troppo invidiosa e somigliante (eletta come sua sostituta nella recita).
E poi, ombre minacciose, una casa che nasconde qualche segreto, un sottopassaggio che sembra fatto apposta per far materializzare incubi e fantasmi del passato (oltre a bande di giovinastri sboccati) e ancora vetri che si infrangono, murales minacciosi (la scritta rosso sangue “I’m Here” vi basta?), pioggia battente, corvi neri che si alzano in volo, altalene vuote che si muovono, ecografie ingrandite. Ma il ricercato effetto suspense latita, generando solo qualche risata. La regista ha dichiarato il suo debito per il cinema di De Palma e il suo amore per i film e la narrativa giapponese di fantasmi. Ma non c’è nulla di tutto ciò in una pellicola basata su una sceneggiatura (scritta dalla stessa Coixet) che progressivamente la fa scivolare in un tonfo dopo l’altro. Il tema del doppio, come già detto, è stato fin troppo visitato, ci volevano quindi sviluppi imprevisti per coinvolgere in pieno lo spettatore mantenendo alta la tensione.
Peccato perché la regista aveva in mano un progetto sulla carta vincente al botteghino, un film d’ambientazione e lingua inglesi, indirizzato a un pubblico di teenager con una giovane attrice protagonista in forte ascesa.
Per la bella Sophie Turner non si tratta di un esordio cinematografico molto fortunato, per il resto del cast un’esperienza da dimenticare in fretta. Dispiace per l’attore gallese Rhys Ifans (indimenticabile nel ruolo del trasandato coinquilino di Hugh Grant in Notting Hill), per la bella Claire Forlani (accanto a Brad Pitt in Vi presento Joe Black), per il giovane Gregg Sulkin (famoso per la serie Tv Disney I maghi di Waverly accanto a Selena Gomez) e per il navigato Jonathan Rhys Meyers (costretto nel ruolo del piacente professore di recitazione). Partecipazione illustre di Geraldine Chaplin letteralmente sprecata.
Se in altre occasioni la Coixet aveva convinto di più, mostrando una mano delicata capace di dirigere opere interessanti (come nel caso de La mia vita senza me e La vita segreta delle parole) questa volta dispiace constatare come non abbia minimamente centrato il bersaglio. Giocando con il titolo del suo film, si potrebbe affermare che la talentuosa regista questa volta abbia ceduto la macchina da presa a “un’altra lei”.

Elena Bartoni  

 

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