Batman v Superman: Dawn of Justice – Recensione
Ci siamo, ecco il crossover più atteso degli ultimi anni: Batman e Superman per la prima volta insieme, l’un contro l’altro armati. “Un’espansione, non un sequel”, è stato detto, di quello che succedeva ne L’uomo d’acciaio diretto dallo stesso regista di questo film, Zack Snyder.
Ora il potente giustiziere di Gotham City, affronta il supereroe di Metropolis e il mondo si divide su quale tipo di eroe abbia bisogno.
Il pipistrello di Gotham contro il figlio di Krypton ovvero, come recita il lancio del film, “il più grande match tra gladiatori nella storia del mondo”. Questa volta a vedersela sono i due più grandi supereroi: il giustiziere mascherato, cavaliere delle tenebre, e l’invincibile alieno dello spazio.
Il film inizia con un dubbio: Batman non sa chi sia Superman, sa solo che lo considera responsabile per tante vite sacrificate a Metropolis. Quando salva la terra da una minaccia provoca molte vittime innocenti, Superman è un’arma forse incontrollabile.
Accogliendo le raccomandazioni dei distributori, non vogliamo svelarvi (quasi) nulla del fitto intreccio, peraltro pieno di riferimenti all’attualità.
Ci si conceda solo di rivelare la miccia che accende la storia: le azioni di Superman vengono percepite come una potenziale minaccia anche dal Senato degli Stati Uniti. I benefici ovvero le vite salvate dalle sue gesta sono davvero superiori al prezzo da pagare? Oppure non è vero il contrario? Per di più, Superman fa irritare (e parecchio) Batman, il supereroe della vicina Gotham City, che crede che il semidio venuto da Krypton, dietro la sua sovrumana potenza, sia un vero pericolo per l’umanità (la spettacolare scena d’apertura, dove i richiami all’apocalisse dell’11 settembre sono evidenti, la dice lunga). A sua volta Superman non vede di buon occhio Batman che gli appare come un oscuro giustiziere pieno di rancore e senza morale.
Ma il rischio maggiore per il mondo viene ora da un giovane miliardario filantropo, Lex Luthor, che arriva a sfidare in un furioso testa a testa, il semidio Superman. Ed ecco arrivare un’insolita alleanza. Oltre non andiamo.
Che i personaggi della DC Comics fossero una fonte inesauribile di ispirazione per sequel, prequel, reboot si era già capito da un pezzo, e così anche la tentazione crossover andava messa in conto.
Batman contro Superman, ma anche Gotham contro Metropolis (qui due città sorelle rivali, divise da un corso d’acqua), e poi ancora nero contro blu, mantello nero contro mantello rosso, ombra contro luce (sia fisica che interiore). Due mondi figurativi si, ma anche due mondi fisici.
Ma attenzione, lo scontro è anche filosofico, e da questo punto di vista il titolo Batman v Superman: Dawn of Justice cioè ‘Alba di giustizia’ la dice tutta. Ecco la giustizia, tema cardine del film che si porta dietro un interrogativo essenziale: quali sono i limiti nella necessità di farla rispettare?
Ed ecco il dramma d’ispirazione filosofica: lo scontro fra due figure che inseguono lo stesso fine con modi diversi (perché loro sono diversi, per origini, natura, inclinazioni). Ma come potranno sconfiggere il male (a volte inevitabile) che viene fuori quando si cerca di fare del bene?
Un conflitto tra due psicologie diverse che diventa scontro filosofico, toccando anche temi etici e politici. Filosofia, mito, politica, intrecciati con la cultura pop.
A questo proposito sono molto interessanti alcuni studi recenti sul mondo dei supereroi, si perché il dilagante successo dell’universo dei Comics sul grande schermo, ha fatto notare agli studiosi come i film dedicati agli invincibili eroi dei fumetti contengano uno stratificato sistema di metafore.
Un noto sociologo ha notato come sia Superman che Batman siano due figure molto complesse. Sono il primo e il secondo supereroe della storia (nascono nel 1938 e nel 1939) e sono due variazioni dello stesso tema: la cultura e i conflitti dell’uomo-massa, il rapporto tra il soggetto moderno e la tecnologia. Batman sarebbe “legato alle radici del mito, un essere totemico (metà uomo, metà animale)” mentre Superman “é più proiettato dentro la condizione esistenziale della società industriale, è l’uomo-macchina”.
Due figure archetipiche, il semidio e l’oscuro vigilante, che combattono, questa volta affiancate da una terza figura non meno archetipica. Ed è qui che il film di Snyder compie il salto decisivo.
Proprio sul fronte dell’azione svetta una (troppo) lunga battaglia finale dove ai due supereroi si affiancherà la loro omologa femminile, Wonder Woman (interpretata dalla bella israeliana Gal Gadot). Gli amanti del genere apprezzeranno, gli altri (ovvero chi ne ha abbastanza di mega battaglie tutte computer e fracasso) un po’ meno.
Tant’è che il femminile irrompe nel mezzo della guerra (mentre nella cultura del Novecento la donna poteva solo starne ai margini). Ed è qui che il mondo dei supereroi è stato grande precursore, nel liberare l’identità femminile: nel 1941 nasceva quella Wonder Woman che da subito combatteva contro gli uomini. Il suo creatore, William Masterson, diceva: “Wonder Woman propaganda un nuovo tipo di donna che governerà il mondo”. Non a caso oggi, nel 2016, una donna, forse, sta per salire alla Casa Bianca. Ci risiamo, ecco un altro riferimento alla stretta attualità politica.
Ma non finisce qui.
In un cast di altissimo livello che vede, oltre ai due protagonisti (un Ben Affleck che ha dovuto mettere su chili di muscoli per competere con il Superman di Henry Cavill), star del calibro di Amy Adams (Lois Lane), Laurence Fishburne (l’editore del “Daily Planet” Perry White), Holly Hunter (la Senatrice Finch) e Jeremy Irons (Alfred, l’assistente-confidente di Batman), colui che svetta è un villain nuovo di zecca. E’ lui, un Lex Luthor ringiovanito e rinvigorito (rispetto al fumetto) la sorpresa migliore del film, l’unico davvero cosciente della potente mitologia di Superman. A prestargli il volto è un sorprendente Jesse Eisenberg, che dipinge con maestria un personaggio inquietante e al contempo affascinante, che può ricordare in modo sinistro tanti giovani miliardari immensamente potenti dei nostri anni (sarà mica un caso che Eisenberg si sia fatto notare proprio per la sua interpretazione di Mark Zuckerberg in The Social Network di David Fincher?).
E’ proprio qui che va letta la sostanza di un film che, dietro la facciata dello spettacolo fracassone e multi-miliardario dalla durata eccessiva, cerca di intrecciare il mondo dei supereroi con lo scenario politico, economico, sociale, in una parola con la Storia (con la S maiuscola) di questi anni, ponendo astutamente le basi per il progetto di una nuova serialità dagli incassi stellari.
Elena Bartoni