Benvenuto Presidente! – Recensione
In un minuscolo paesino di montagna vive un uomo dal nome decisamente ingombrante: Giuseppe Garibaldi. Peppino per gli amici. Peppino è “affetto” da inguaribile ottimismo: ama la pesca sopra ogni cosa, la buona compagnia, la biblioteca nella quale lavora. A chi lo accusa di essere un fallito risponde: “Io non so se tutto quel che fai ti torna indietro. Ma mi piace credere che sia così!”.R32;Un giorno accade una cosa inaudita: per un incredibile errore, Peppino viene eletto Presidente della Repubblica Italiana.R32;Strappato alla sua vita tranquilla, si trova a ricoprire un ruolo per il quale sa di essere inadeguato, ma contro ogni previsione accetta l’incarico.
“Benvenuto presidente!” è il titolo con cui il regista Riccardo Miliani torna al cinema dopo un’assenza di sei anni in cui si è dedicato principalmente a progetti per la televisione; la sceneggiatura è invece di Fabio Bonifacci, autore solo in questa stagione di altre due commedie come Il principe abusivo e Amiche da morire, ma già in passato sceneggiatore di diversi film con Claudio Bisio, come Amore, bugie e calcetto, Si può fare e Benvenuti al nord. Parrebbe proprio non esserci momento migliore per l’uscita nelle sale di Benvenuto presidente!, considerato il momento storico-politico attraversato dal Paese (c’è perfino un accenno all’elezione del Pontefice), nonostante gli autori affermino che il soggetto risale a circa tre anni fa, evitando quindi ogni paragone in senso più stretto con l’attualità.
Bisio incarna alla perfezione l’uomo qualunque che si ritrova catapultato nella sala dei bottoni, dove le sue regole, quelle di onestà e coerenza insegnategli dal nonno, valgono a poco, in un ambiente oramai assuefatto a intrighi e sotterfugi, senza i quali si rischia l’immobilismo.
Benvenuto presidente prova a catturare lo spirito del tempo, la disillusione profonda degli italiani verso la loro classe politica, con il racconto di un bibliotecario di montagna, precario, che viene eletto per cialtroneria dei parlamentari Presidente della Repubblica e che, dopo un primo momento in cui pensa di rinunciare, accetta il ruolo mettendo in atto una politica rivoluzionaria fatta di trasparenza e di rispetto delle regole.
Eleonora Taddei