Biagio – Recensione
Ultimo film italiano presentato in concorso nella sezione Cinema d’Oggi del Festival di Roma 2014 è Biagio di Pasquale Scimeca.
La pellicola narra la storia di Biagio Conte, il famoso missionario laico di Palermo, del suo percorso di vita, delle sue scelte radicali e rivoluzionarie che ne hanno fatto uno dei pochi uomini giusti che ancora abitano su questa terra.
Appartenente a una famiglia benestante palermitana, nato nel 1963, fino a 25 anni Biagio non si rende conto del materialismo e consumismo di questa società. Poi, però, guardandosi attorno, si accorge dei tanto volti pieni di sofferenza che popolano la sua città. Per questo Biagio lascia gli agi della sua giovinezza e se ne va sulle montagne dove vive da eremita nutrendosi di erbe e bacche. In solitudine inizia a sentire quel bisogno di spiritualità (che la civiltà del consumismo ha espulso dal cuore degli uomini) e a cercare Dio. E lo trova attraverso la mediazione di San Francesco e dei suoi scritti.
Dopo un viaggio a piedi fino ad Assisi, torna a Palermo e si ferma alla stazione dove per anni vive e assiste i barboni. Si carica sulle spalle “il dolore del mondo offeso”, dà loro dignità e speranza, li chiama “fratelli”. E i fratelli diventano sempre più numerosi, la stazione non basta più ad accoglierli tutti. Così Biagio occupa l’ex disinfettatoio di via Archirafi in abbandono da anni e fonda la Missione di Speranza e Carità. Attorno a lui cresce la solidarietà, la Missione diviene sempre più grande e le persone che vi vivono sempre più numerose, tra poveri, immigrati e donne in difficoltà.
Il film è stato una vera e propria sfida per il regista Pasquale Scimeca (che lo ha realizzato con soli 600.000 euro ottenuti in parte dalla Sicilia Film Commission e dalla Banca del Nisseno) anche perché Biagio Conte non voleva che fosse realizzata una pellicola si di lui, la paura era commettere “peccato d’orgoglio”. Alla fine però il missionario si è convinto dicendo “Se Dio vuole te e lo farà fare questo film!”. E così è stato.
Biagio è un film pieno di valori fondamentali che forse la maggior parte di noi hanno dimenticato. Un’opera dallo stile asciutto, essenziale, quasi minimalista, come la storia che racconta.
Fra Biagio è mostrato in tutta la sua condizione di uomo, nella sua semplicità, nel suo coraggio di rinunciare a tutti beni materiali e affrontare il freddo, la fame, la fatica, il dolore fisico. Solo nei boschi, mangia bacche e si sente male, viene aiutato da due pastori che gli danno abiti per coprirsi, poi è di nuovo solo, sotto le neve. Infine il cammino dalla Sicilia fino ad Assisi e l’incontro emozionante con San Francesco, una vera “onda” che lo travolge.
Ciò che rende ancora più interessante il film è la prospettiva da laico con cui il regista si avvicina alla figura di Biagio, che viene mostrato in tutto il suo essere “uomo” e non santo. La chiave di volta della pellicola è infatti il valore che viene dato alla spiritualità intesa come dimensione essenziale per gli uomini, non solo come fede religiosa.
Un film che il regista ha dichiarato sentire particolarmente suo, non a caso all’inizio della pellicola una voce fuori campo afferma quello che può essere considerato il credo del cinema di Scimeca: “Un film non è mai neutro, dentro c’è la vita delle persone che lo hanno realizzato”. A ulteriore prova di ciò, il regista inserisce una specie di alter-ego, Giovanni, un intervistatore (forse un regista) che funge un po’ da testimone del percorso di Biagio e che va ad incontrarlo nella sede della sua Missione di Speranza e Carità scegliendo di entrare nel suo mondo. E la scena finale in cui Giovanni lascia un hotel di lusso addentrandosi nel microcosmo della Missione di Fra Biagio è molto eloquente e simbolica.
L’ottima prova recitativa di Marcello Mazzarella ormai attore-feticcio di Scimeca (lo ricordiamo come interprete di Placido Rizzotto nel 2000), unita alla fotografia di Duccio Cimatta che restituisce efficacemente l’aspro paesaggio delle montagne siciliane, fanno di Biagio un’opera importante che parla di una delle figure più rappresentative del nostro tempo.
Un film profondo e umile, che parla di valori veri, una storia che sembra lontana da questi nostri anni in cui si vive devoti al dio denaro e nell’accumulo di beni materiali. Una storia autentica, sincera, intensa, commovente, che sa di bello, che mostra il lato migliore che ci può essere in un uomo.
Elena Bartoni