Big Hero 6 – Recensione
54° lungometraggio animato prodotto da Walt Disney Pictures, ed il primo ad essere tratto da un franchise della Marvel Comics dopo l’acquisizione di quest’ultima da parte della Casa di Topolino. Si svolge nella futuristica città di San Fransokio (chiaro binomio culturale Oriente/Occidente), dove abita il quattordicenne Hiro Yamada. Sveglio ed appassionato di robotica quanto il fratello maggiore Tadashi, dovrà sfruttare le proprie doti per affrontare un geniale cattivo responsabile della morte di una persona a lui cara. Ad aiutarlo sarà un variopinto gruppetto di giovani amici, dotati per l’occasione di straordinari poteri, ed un bizzarro robot creato da Tadashi e denominato Beymax. Candido dentro e fuori, lento e cicciotello, è un umanoide gentile il cui scopo è aiutare il prossimo a sentirsi bene. Non fate l’errore di confondere Big Hero 6 con il proliferare di cartoon cinematografici trafelati, nei quali l’agitazione è sinonimo di faciloneria commercializzata. Fioccano, e sono benvenuti, i riferimenti agli anime (robottoni, genere “sentai”) e al cinema di supereroi, come abbondano l’azione e gli scontri spettacolari. Questo involucro non deve però trarre in inganno, perché il film ambisce a ben altri obiettivi. E’il tentativo di imprimere calore ed umanità nelle tematiche relative a quella tecnologia in cui le nuove generazioni sono immerse fino alle orecchie. Don Hall e Chris Williams, veterani dell’animazione su grande schermo, compiono l’impresa imbastendo un intrattenimento multiforme ed assai più interessante (nonché adulto) di quel che si potrebbe pensare. L’originalità non sta nella trama o negli sviluppi (di fatto piuttosto risaputi) bensì nella commistione dei toni e dei registri narrativi. Dinamismo martellante (mai caotico) quando il gioco si fa duro e movimentato, delicatezza di tocco quando la lacrima prende il sopravvento, il tutto sincronizzato ad arte con l’anima scanzonata della sceneggiatura. A sprazzi si percepisce la fretta, e la corsa diventa vertiginosa oltre il livello di guardia, ma ciò è dovuto a un peccato di generosità: molto da offrire allo spettatore e tanta voglia di elargirlo. Scontato, come di consueto, lodare la perizia tecnica, in grado di modellare personaggi a dir poco fluidi e di imprimere loro una vivacità espressiva impensabile fino allo scorso decennio. La magia Disney abbraccia in toto la tecnologia del terzo millennio e la plasma secondo le proprie esigenze e prospettive, senza dimenticare il tributo allo spirito Marvel (a proposito, non uscite prima dei titoli di coda!). Nell’edizione italiana possiamo apprezzare la prova di Flavio Insinna come voce di Beymax, delizioso mattatore sottovoce della situazione, e quella di una frizzante Virginia Raffaele nel ruolo della zia Cass. Sorpresa natalizia in eccellente 3D, per grandi a piccoli. E, attenzione, adatta a bambini e bambine in quasi ugual misura.