Bob Wilson’s life and death of Marina Abramovic – Recensione
Giornate degli autori – Evento Speciale
Chi meglio di Bob Wilson, regista teatrale visionario, pittorico ed avanguardistico, è in grado di portare sul palcoscenico la vita di una performer straordinaria come Marina Abramovic, rendendo obsoleta persino la più puntuale delle biografie. Perché è nel magico e metareale (per usare le parole dell’artista) palcoscenico di un teatro che si può, anche solo vagamente, comprendere la complessità di un artista la cui vita è stata così intensa ed eccezionale. A guidarci nel dietro le quinte di questo magnifico spettacolo, Giada Colagrande, che ne documenta la gestazione attraverso interveste agli interpreti, tra i quali spicca un impagabile e mimetico marito, l’attore Willem Dafoe che interpreta un narratore quanto mai perturbante, e al cantante e compositore Antony Hegarty (sua la colonna sonora ricca di suggestivi testi poetici). E’allo stesso Bob Wilson che viene dato il compito di guidare lo spettatore verso la sua specifica idea di teatro che diventa un racconto del vissuto della Abramovic, in un viaggio all’interno della memoria personale dell’artista serba, fatta di dolori e paure non sempre superate, e del contesto storico-politico della Seconda Guerra Mondiale. Se il teatro è catarsi, questo spettacolo nello specifico è stato per la performer come un lungo flashback nel quale è si lei la protagonista ma anche spettatrice consapevole della propria vita, ed alla fine del viaggio il passato ha forse un sapore meno amaro. La Colagrande ci offre spezzoni tratti dallo spettacolo e l’ipnosi che creano le scenografie, l’uso delle luci (tocco distintivo di Wilson), le corografie avvolgenti e i ritmi serrati, sono elementi talmente emotivamente corroboranti da farci lasciare la sala con la curiosità di vederlo per intero.
Serena Guidoni