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Broken City – Recensione

Vi ricordate Attrazione Fatale? Il film diretto da Adrian Lyne della fine dell’era ’80, quello in cui un ingenuo Michael Douglas finisce vittima della fascinosa Glen Cloose in un vortice di drammi ed atti estremi? Ecco, Broken City pellicola di Allen Hughes, con protagonisti Mark Wahlberg, Russel Crowe e Catherine Zeta-Jones, ricorda molto per tinte ed intrighi di fascinazione una pellicola degli anni ’80.
La trama è quella di un poliziotto, Taggart, (Wahlberg) che rimane vittima di alcuni incastri di potere gestiti dal sindaco della città, Hostelet, (Crowe), che coinvolgono anche la moglie e personaggi di contorno. Taggart che ora fa l’investigatore privato, viene chiamato dal sindaco ad investigare su un presento tradimento della moglie. Le elezioni sono ad un passo e ogni mossa fatta male può costare la corsa alla padronanza della città di New York, che fa da sfondo ad una storia che strizza l’occhio al genere noir poliziesco con intrighi di malaffare e fantasmi che bussano dal passato.
Nonostante il cast e l’impegno che Mark Walhberg investe nel film, essendone anche il produttore, Broken City, ci consegna un film fine a se stesso, che mischia più di un intrigo: politica, moralità corrotta ed ingarbugliate svolte di persone e ruoli.
La sceneggiatura non inventa nulla di nuovo, nonostante la pretesa iniziale degli autori, mettendo in scena una pellicola che non verrà di certo ricordata come brillante e innovativa, ma che si riscatta se non altro per gli intenti. New York, la città per eccellenza abituata ad essere protagonista di set, si dipinge oscura e misteriosa; come accaduto al giovane Michael Douglas di Attrazione Fatale, Mark Walhberg è la pedina degli scacchi di potere del sindaco, con il quale gioca a vittima e carnefice, fino all’epilogo finale.

Sonia Serafini

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