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Chocò – Recensione

Ritratto semplice, quasi documentale di una famiglia comune, Chocò, la pellicola del regista Jhonny Hendrix Hinestroza, arriva sugli schermi facendosi manifesto di ciò che vuol dire essere donna nei territori del Sud, tra discriminazioni, violenze e sacrifici, il tutto per garantire un futuro migliore ai propri figli.

Colombia, città di Chocò. Chocò (Karent Hinestroza) è una giovane donna, madre di due bambini, Candelaria (Daniela Mosqueira) e Jeffrey (Sebastiàn Mosqueira), sposata con Everlides (Esteban Copete), un uomo violento, sempre ubriaco e disoccupato. I quattro abitano in una baracca fatiscente, Chocò lavora in una cava d’oro inquinata dal mercurio ed è l’unica a portare a casa un po’ di denaro per mantenere la famiglia.

Storia di vita vera, di amore, di sacrificio e di rivoluzione, Chocò, la pellicola, il paese in cui vive la protagonista ed il suo nome, rappresentano tutto ciò. La povertà che dilaga e la pochezza dei suoi abitanti, in special modo gli uomini che stanno tutto il giorno al bar, finiscono così per contestualizzare il ruolo della donna, stretta tra la morsa del dovere e del subire, trattata come oggetto, a piacere dell’uomo.

In tutto questo, Chocò si staglia, madre premurosa, che vive per i figli, che sente come un dovere quello di andare a faticare alle cave d’oro e non solo (per farli contenti ed assicurare loro istruzione ed un futuro migliore) e che ben presto si dimostrerà volenterosa di ribellarsi a quello strapotere ingiustificato.

La violenza, quella subita dalle donne, è infatti uno dei temi presenti nell’opera, che viene scaturita contro le donne, in particolare Chocò, ma anche nei confronti della natura (anch’essa ‘’femmina’’); la religione è un altro degli elementi presenti, il culto verso la Madre Terra, verso Dio che ha creato le piante, gli animali e gli esseri umani e quello alla Madonna, la Madre per eccellenza.

A completare l’opera, già di per sé meritevole, è da sottolineare inoltre, l’importanza delle musiche, canzoni tribali che evidenziano l’etnia africana dei protagonisti, il messaggio di speranza affinché cresca una nuova generazione (Candelaria e Jeffrey) e utili nell’accompagnare e fare da sfondo ai tumulti del cuore di Chocò e delle altre donne.

La pellicola, presentata alla Berlinale e al Milano Film Festival del 2012, è il primo lungometraggio del regista, una buona prova, in grado di far riflettere sul valore della figura femminile nella società, dell’importanza dell’essere madre e sui rapporti uomo-donna ancora primitivi in alcune regioni del mondo.

Alice Bianco

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