Com’è Bello Far l’Amore – Recensione
Ancora un “titolo canterino” dopo il film dell’exploit Notte prima degli esami per il nuovo “golden boy” del cinema italiano, Fausto Brizzi, che ora può permettersi anche di girare la prima commedia made in Italy in 3D! Era il 1978 quando Raffaella Carrà cantava “Come è bello far l’amore da Trieste in giù” celebre refrain del brano “Tanti auguri” che entrava in testa e non ti mollava più e oggi il ritornello-tormentone dà il titolo a questa nuova commedia che cerca, almeno sulla carta, di far cadere, ridendo, i tanti tabù ancora vivi sul sesso.
Andrea (Fabio De Luigi) e Giulia (Claudia Gerini) sono una coppia di quarantenni con un figlio diciottenne, Simone (Alessandro Sperduti), una bella casa e una fin troppo tranquilla vita coniugale. Tra Andrea e Giulia però la passione è sopita e i rapporti sessuali sono ormai diventati un lontano ricordo. La loro routine è sconvolta quando i due decidono di ospitare per un certo periodo in casa il migliore amico di Claudia, Max (Filippo Timi), di professione pornodivo, che da anni vive e lavora negli Stati Uniti. Max stravolge subito i ritmi della casa e Giulia lo elegge come suo confidente, nel tentativo di rivitalizzare il suo matrimonio. Quando Andrea scopre che Giulia ha raccontato tutto a Max della loro intimità, non la prende bene. Ma Giulia lo mette di fronte alla realtà, così non possono andare avanti, e Andrea si convince. Max diventa così il sessuologo dei due protagonisti che si troveranno a vivere una serie di situazioni improbabili e comiche. L’arrivo di Vanessa (Giorgia Würth), una collega che Max decide di ospitare nella sua mansarda, porterà ancora più scompiglio.
Dopo un bel prologo (girato in bianco e nero e con la partecipazione illustre di Margherita Buy) che riporta agli albori del cinema con i fratelli Lumière intenti a filmare di nascosto le grazie di una fanciulla e che si conclude con una “tirata” contro il cinema d’autore considerato un ottimo pretesto per amarsi e riprodursi al buio di una sala (con i nomi di Bellocchio e Lars von Trier citati come esempi di massimo tedio d’autore), Brizzi innesca la quarta. Ed ecco canzoni, cartoni animati, colori vivi, interpreti frizzanti e in forma: da una Claudia Gerini sexy e maliziosa quanto basta (ennesimo spogliarello cinematografico per l’attrice che stavolta si spinge un po’ più in là), a un Fabio De Luigi sempre più “italiano medio” tra (pochi) vizi e (poche) virtù, fino a un inedito Filippo Timi nei sorprendenti panni dell’amico pornodivo (il fascino ‘macho’ e la voce calda li ha di natura, oltre al talento recitativo). Come pietanze di contorno si è furbescamente pensato a volti celebri della TV come Michele Foresta (ricordate il suo mago Forest insieme alla Gialappa’s?) o Lillo Petrolo (il suo cameo nei panni di un farmacista “solerte” è davvero una della scene più esilaranti del film).
L’amore a tutte le età, il sesso, il tradimento e poi i rimedi contro la routine di rapporti consolidati nel tempo. Certo, parlare di preservativi ritardanti, “anelli del piacere” e dark room in una commedia “per tutti” può sembrare ardito. Ma in realtà, di tabù veri se ne toccano davvero pochi perché la commedia resta innocente per tutta la sua durata. L’anticonformismo rimane davvero solo sulla carta perché, alla fine, l’unico valore che conta è l’amore (e se è coniugale ancora meglio).
Romanticismo trans-generazionale, risate e canzoni (vecchie e nuove), Brizzi mostra ancora una volta, da vero “genio del marketing” come è stato universalmente ribattezzato, di saperla lunga su come creare un prodotto capace di attrarre al cinema il grande pubblico, da sempre desideroso, ma ora forse ancor di più, di evasione scacciapensieri. E se per far viaggiare gli spettatori nel suo colorato mondo gli si facessero anche indossare quegli occhialini 3D tanto in voga ora? Perché insomma non utilizzare la nuova tecnologia anche con la commedia italiana?
In questo caso ricetta finale, composta dal binomio amore e fantasia, sembra essere quella vincente. E la commedia questa volta confina con la favola (il brano “Reality” di Richard Sanderson sta lì a confermarlo). E così, dopo il cine-panettone sarà il caso di parlare di cine-sanvalentino? Insomma Brizzi confermerà ancora la sua fama di “macchina da soldi”? Al pubblico che deciderà di rifugiarsi nelle sale nel gelido inverno di febbraio l’ardua sentenza.
Elena Bartoni