Come il Vento – Recensione
E’ stato presentato oggi fuori concorso al Festival di Roma il nuovo film di Marco Simon Puccioni “Come il vento”.
Protagonisti della pellicola, ambientata nel 1990, Filippo Timi e Valeria Golino. La storia racconta un fatto veramente accaduta ad Armida Miserere, una delle prime donne direttrici di un carcere, che ha subito la perdita del marito ucciso mentre si stava recando al lavoro.
Il regista ritrae la sua protagonista come una donna in perpetua ricerca della normalità che la vita le ha strappato così improvvisamente e con tanta violenza. E lo fa indagando lei stessa sull’omicidio che ha colpito il marito Umberto Mormile, il tutto in un contesto importante come quello della gestione delle carceri.
Puccioni mette in campo lo “show must go on” della protagonista, che, intelligentemente, non fa focalizzare solo in una ricerca continua della verità sull’uccisione del compagno, ma mette in primo piano la ricerca del tornare ai piccoli gesti di un tempo, ad una vita ordinaria.
La regia è attenta al dettaglio non solo dal punto di vista strutturale, ma anche da quello visivo. In special mondo riescono a risaltare le sequenze finali dove la ricercatezza, non solo della protagonista quindi, ma anche di Puccioni, risaltano in particolar modo.
Valeria Golino è riuscita in modo impeccabile ad entrare nei panni di Armida mostrando tutti i lati del personaggio, ma allo stesso tempo celandoli, mostrando solo il lato più superficiale, tenendo per sé un mondo di sofferenze e minacce.
A rendere meno godibile la pellicola solo un piccolo appunto. Alcune scene, proprio per la cura al dettaglio citata sopra, risultano troppo lente focalizzandosi in maniera marcata sullo scorrere del tempo reale più che in quello cinematografico.
Sara Prian