Cosimo e Nicole – Recensione
Prospettive Italia – In Concorso.
Arriva anche Riccardo Scamarcio, e di sfondo gli scontri al G8 di Genova, al Festival di Roma con il film Cosimo e Nicole presentato in concorso nella sezione “Prospettive Italia”.
Cosimo è un giovane italiano, Nicole una ragazza francese. Si conoscono a Genova durante gli scontri del G8 e si innamorano a prima vista. Da subito nasce una passione incontrollata. I due sono pieni di vita e vagabondi, la musica è la loro grande passione. Dopo tanto girare e un periodo trascorso in Francia, Cosimo e Nicole decidono di tornare a Genova dove iniziano a lavorare presso il loro amico Paolo, organizzatore di concerti. Tutto fra loro sembra andare per il meglio quando un giorno Alioune, un operaio africano immigrato clandestino, non precipita da un’impalcatura. Ora una drammatica scelta mette alla prova il legame tra i due ragazzi, ponendoli di fronte a decisioni importanti che condizioneranno il loro futuro per sempre.
Al suo secondo lungometraggio dopo Ma che ci faccio qui? del 2006, il trentaquattrenne Francesco Amato ha confessato di aver pensato il film partendo dal desiderio di raccontare una generazione a cui in parte sente di appartenere. Al centro della storia, un amore “folle”, assoluto, passionale, che trova il suo apice nella scelta di una vita nomade, libera da regole o legami. Una coppia precaria “per scelta” questa volta che si ama spudoratamente. Il loro slancio vitale si manifesta in quella che il regista ha definito “complicità fisica, tattile”. L’intento di fare un film non “sulla” coppia ma “dentro” la coppia cercando disegnare un “perimetro intimo” dentro al quale potessero entrare solo Cosimo e Nicole riesce però solo fino a un certo punto. Proprio nel momento in cui i due mettono radici (e Cosimo sembra addirittura trovare un lavoro fisso) la loro storia viene drammaticamente a contatto con la vita vera. E si perde qualcosa, a livello emozionale e di tenuta drammatica. Le diverse reazioni dei due protagonisti a una (quasi) morte bianca fanno perdere coesione alla coppia ma anche al film.
Uno dei pregi maggiori dell’opera è comunque da rintracciarsi nel particolare sguardo sugli avvenimenti del G8 di Genova del 2001 (che qui è solo il motore della miccia che si accende fra i due protagonisti) riletto con occhi nuovi. Come ha sottolineato Riccardo Scamarcio, mettendo al centro due esseri umani e non una teoria sociale, quegli eventi di drammatica attualità sono visti con taglio “antropologico” più che “sociologico”. Più che il G8 però, che è solo uno spunto di partenza, il vero tema sociale che entra prepotentemente nella storia d’amore è il dramma delle morti bianche (gli sceneggiatori hanno ammesso di aver pensato questo film prima degli episodi balzati agli onori delle cronache delle morti su palchi di concerti famosi come Jovanotti e la Pausini). E il fatto di aver mostrato un tema di tale scottante attualità in una pellicola che mette al centro una storia d’amore è cosa non da poco.
Ma è proprio il finale la parte più debole del film: quella fuga da ‘road movie’ che diviene un percorso di espiazione dei sensi di colpa non è esente dal rischio banalità. E l’ultima scena, con i due protagonisti, più maturi e consapevoli, che si lasciano andare alla musica e al suo potere trascinante non convince in pieno.
Un applauso comunque alle prove recitative di un intenso Riccardo Scamarcio, di una conturbante Clara Ponsot e di un bravissimo Paolo Sassanelli. La sua caratterizzazione, tra paura e rabbia, di un organizzatore di concerti, un uomo all’apparenza progressista e ‘easy’ ma capace di mostrare anche un aspetto ‘oscuro’, cinico e prevaricatore che non esita a violare la legalità, è una delle nite più felici del film.
Una nota finale di apprezzamento va alle musiche di gruppi rock come Afterhours, Verdena e Marlene Kuntz, registrate ‘live’ in veri concerti organizzati apposta per le riprese.
Elena Bartoni